{tag:date format=1}

Home page Newsletter NL


NEWSLETTER n.151 del 21 APRILE 2015

LA POLITICA INDUSTRIALE 2.0

LA POLITICA INDUSTRIALE E' UN'OPINIONE, RICOSTRUTTIVA

di Raffaele Morese

Quando si discute di politica industriale non si fa accademia. Ma proprio nel senso letterale del termine. Non ha il rango di una scienza. E’ una locuzione che ha bisogno di una interpretazione perché sia percepita come espressione di una realtà. Negli ultimi cinquantanni si sono viste politiche industriali di ogni tipo in giro per il mondo, esplicitate in relazione ai regimi democratici e non, allo stadio di sviluppo dei singoli Paesi, alle dinamiche sociali che in essi si sono sviluppate. Non esiste un modello egemone. Piuttosto possono essere elencate esperienze consolidate, quasi tutte a scarsa esportabilità, perché connesse fortemente con la storia industriale e politica del Paese di riferimento.
Anche se è sostanzialmente un’opinione e non una scienza esatta, di una politica industriale non si può fare a meno, specie se si è un Paese come l’Italia. Nonostante tutto, ancora oggi, secondo soltanto alla Germania in Europa in fatto di consistenza industriale e ottavo nel mondo. Un patrimonio non indifferente, riqualificato più volte nel corso di un secolo, esposto attualmente ad una crisi in parte devastante e in parte stimolante.

Leggi tutto


CINQUE PROPOSTE PER FARE RIPARTIRE IL MEZZOGIORNO 

di Romano Prodi 

A volte la lettura di un semplice documento ufficiale ci fa capire più cose di quanto non lo facciano complicate elaborazioni scientifiche o raffinati dibattiti.
Mi è infatti capitato di leggere nei giorni scorsi un rapporto dell’Istat che sintetizza alcuni dati economici di confronto fra le grandi regioni italiane.
Il primo dato riguarda il PIL pro-capite delle macro-zone tra le quali si usa dividere l’Italia.  Ebbene nel 2013 il PIL per abitante era di 33,5 mila Euro nel nord-ovest, 31,4 mila nel nord-est e 29,4 mila nel centro.  Questi dati mostrano una certa disuguaglianza ma, tutto sommato,  modesta, in quanto contenuta entro una differenza del 10%.Quando si passa alla lettura del dato del mezzogiorno si entra in un altro Paese: il PIL pro-capite scende a 17,2 mila euro. Si tratta di un livello inferiore del 45,8% rispetto a quello della media del centro-nord. A cascata arrivano naturalmente tutti gli altri numeri: la spesa per i consumi delle famiglie risulta pari a 18,3 mila euro per abitante nel centro-nord e si ferma a 12,5  mila nel mezzogiorno.

Leggi tutto


CREARE UN PROGETTO EUROPEO COMUNE 

di Mariana Mazzucato

Su Repubblica Mariana Mazzucato ha condiviso l’intervento di Yanis Varoufakis svolto ultimamente a Cernobbio, sostenendo che: “Oggi in Europa i Paesi che se la passano bene non sono quelli che hanno stretto la cinghia, bensì quelli che hanno investito e investono maggiormente in tutti quei settori ed aree in grado di determinare un incremento della produttività, come formazione del capitale umano, istruzione, ricerca e sviluppo, nonché nelle banche pubbliche e nelle agenzie che favoriscono le sinergie tra settori diversi ad esempio le collaborazioni tra mondo scientifico e imprese. Il problema dell’Italia non è il deficit eccessivo ma la mancata crescita, perché da almeno venti anni non si fanno investimenti di questo genere. Ciò che è mancato all’Europa quindi non è un piano comune di tagli ma un piano comune di innovazione e di investimenti. Che è ben diverso dal litigare sul fiscal compact.”

Leggi tutto


CDP EUROPEE VERO MOTORE DEL PIANO JUNKER

di Alberto Quadrio Curzio

La nostra situazione economica sembra migliorare ma ci vorrà un sovrappiù di impegno e di riforme per superare i danni di sei anni di crisi e per rilanciare gli investimenti. Il piano Juncker (Piano J) può servirci se evitiamo appesantimenti burocratici e valorizziamo il ruolo della Cassa depositi e prestiti (Cdp). Cioè della società privata-pubblica che ha deciso, in accordo con il presidente Renzi e il ministro Padoan, un intervento nel Piano J.
Cdp e piano Juncker. La Cdp si è impegnata infatti per 8 miliardi come la Kfw tedesca e la CdC francese (e quindi molto di più in proporzione al Pil). Si tratta delle tre principali National Promotional Banks europee che sono uno degli strumenti finanziari più importanti del Piano J assieme alla Bei, alle istituzioni europee e ai capitali privati. In totale si punta a mobilitare, entro il 2017, circa 315 miliardi di investimenti di cui 240 per infrastrutturali e 75 per Pmi.

Leggi tutto


UN PROGETTO D’INDUSTRIA PER IL PAESE

di Giuseppe Farina

In questi anni è cresciuta la consapevolezza dell’importanza dell’industria per l’economia del nostro Paese e la convinzione che, senza la ripresa delle attività industriali, difficilmente si potrà tornare a crescere e a creare lavoro.
La crisi industriale di questi anni è stata pesantissima, in Europa e ancora di più in Italia.
Abbiamo perso quote di mercato e volumi di produzioni, la produttività è cresciuta meno di quella di altri Paesi europei e l’occupazione è scesa di circa 600 mila addetti. In questi anni di crisi, la manifattura ha perso quote significative di capacità e di volumi produttivi e, senza un cambiamento di rotta, una parte significativa della perdita di posti di lavoro e di competenze e professionalità rischia di essere permanente e il basso grado di utilizzo degli impianti rischia di  penalizzare ancora di più la già bassa produttività.

Leggi tutto


REINDUSTRIALIZZAZIONE SENZA SVALORIZZARE IL LAVORO

di Fabrizio Solari 

Ansaldo, Breda Ferroviaria, ora Pirelli. Per non dire degli acquisizioni nel mondo del Made in Italy. È ormai lunga la lista delle aziende storiche italiane che vengono rilevate da gruppi esteri, in cambio di garanzie per gli azionisti e i manager ma senza alcun impegno per il Paese. 
Anche per quanto riguarda la Fiat, non è mai stato del tutto chiaro chi abbia acquisito chi. Di certo i centri di decisione strategica di questi nuovi grandi gruppi è difficile che restino in Italia ed è arduo immaginare che quelle imprese conservino in qualche modo la loro sensibilità alle esigenze del Paese. 
Lo stesso destino potrebbe prima o poi toccare ai loro centri di innovazione, ai luoghi della ricerca e alle produzioni più qualificate. Come abbiamo iniziato a vedere già qualche decennio fa nell’industria petrolchimica e farmaceutica.

Leggi tutto


PRIMA E DOPO L'IRI 

di Pierluigi Ciocca

A Pechino nel 1983 un diplomatico cinese, navigato mandarino, disse alla delegazione della Banca d’Italia guidata dal Governatore Ciampi che, grazie alla storia, la Cina comunista aveva potuto evitare gli errori del passato, inventandone sempre di nuovi…Se la storia almeno in tal senso conta, può essere giustificato porre il problema attuale dell’impresa italiana movendo dalla vicenda dell’IRI fra il 1933 e il 2002. La vicenda è stata ristudiata da una cinquantina di ricercatori, coordinati da Luciano Cafagna, Franco Amatori, Valerio Castronovo, Pierluigi Ciocca, Franco Russolillo nel quadro di un progetto di ricerca promosso dalla Fondazione IRI, poi da Fintecna. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati dall’editore Laterza in una “Storia dell’IRI” articolata su cinque volumi analitici curati da Castronovo, Amatori, Francesco Silva, Roberto Artoni, Russolillo, completati da un volume di sintesi dovuto a Pierluigi Ciocca  “L’IRI nella economia italiana” – su cui è basato il presente scritto e a cui si rinvia per ulteriori elementi.

Leggi tutto


POTERE E SOLITUDINE NELL 'ITALIA D'INIZIO SECOLO

di Giulio Sapelli

Il potere in Italia è l’ essenza della questione nazionale nella sua relazione con lo scenario internazionale e con la mutazione che tale scenario ha assunto negli ultimi decenni.
Da una sovranità limitata dettata dai ruoli che l’ Italia ha ed ha avuto nella NATO secondo la strategia degli USA, negli ultimi venti anni a tale relazione internazionale subordinata si è insieme aggiunta e sovrapposta e intersecata quella con l’ Europa dell’ Euro e la sudditanza di tutta tale area all’ egemonia monetaria tedesca, che, tramite la BCE su misura della Bundesbank, ha trasformato l’ Europa in un nuovo possibile Reich.
Dinanzi a tale situazione, anche il potere nazionale si è trasformato. Lo stato ha perduto la sua unità giuridica per l’ erosione di poteri che oggi provengono dal tetto europeo, da un lato, e, dall’ altro dal pavimento della localizzazione dei poteri: regionali, provinciali, comunali, con al centro lo sfrangiamento delle politiche economiche, sociali, sanitarie e financo educative realizzatosi a livello regionale. 

Leggi tutto 


IL DISIMPEGNO DALLA POLITICA INDUSTRIALE STA FINENDO

MET (Monitoraggio Economia e Territorio srl)

(…) Sul finire della grande crisi, nel sistema produttivo italiano, sono attivi un numero molto elevato di imprese in difficoltà o in posizioni difensive, un numero ridotto -ancorché qualitativamente essenziale- di operatori di eccellenza e, infine, un gruppo consistente di aziende che, pur non riuscendo a raggiungere sempre risultati di crescita equilibrata, sta tentando di realizzare strategie dinamiche nei modi e nelle forme per loro possibili.
Le “imprese in movimento”, quelle dell’ultimo gruppo, cercano di attuare strategie dinamiche nelle modalità compatibili con la loro struttura e con le fragilità che le contraddistinguono; esse costituiscono, per la loro numerosità e per le caratteristiche intrinseche dei soggetti che ne fanno parte, la componente ove risiedono le maggiori potenzialità di crescita per il sistema produttivo nel suo insieme.

Leggi tutto

  

Home page Newsletter NL


Se non desideri più ricevere la nostra newsletter clicca qui: {tag:unsubscribe}