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NEWSLETTER n.166 del 26 GENNAIO 2016

LA LEGGE DI STABILITA' E' RIFORMISTA O POPULISTA?

UNA MANOVRA DIVERSA DAL PASSATO, IN SALSA TRIONFALISTICA

di Raffaele Morese

I conti economici delle leggi di stabilità “sforano” sempre in conti politici. Inoltre, per un Paese come l’Italia, non si chiudono mai entro i confini domestici e tra le mura parlamentari. Mettono bocca le pressioni sociali, i mercati finanziari, l’Unione Europea. Anche quella di quest’anno è ancora alle prese con gli umori, le sensazioni e i giudizi – alcuni rimasti sospesi – di significativi interlocutori. 

Tra tutti, decisamente più insidioso è l’atteggiamento dell’Unione europea che, a seguito della piena utilizzazione delle flessibilità da parte del Governo italiano , ha approvato con riserva il documento uscito dalla discussione parlamentare. La Commissione europea, forse anche per le prese di posizione del Governo italiano su molti altri fronti, fa la faccia arcigna. Questo braccio di ferro, per ora, non influenza negativamente né  le forze sociali, né i mercati finanziari. Ma, se non si sminano in tempo i campi di discussione, la vicenda può diventare politicamente sensibile.

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SCELTE DI NEO RIFORMISMO A VANTAGGIO DEGLI INDIVIDUI 

di Luigi Covatta

A che cosa pensavamo quando (prima in pochi, poi in troppi) auspicavamo il passaggio dal Welfare State alla Welfare Society? Qualcuno, lo sappiamo, pensava solo a risparmiare: tagli lineari per alleggerire i conti pubblici, e società intesa (secondo la celebre battuta della Thatcher) come mero insieme di individui regolato dalla legge del Far West. Ma chi invece aveva percepito per tempo l’incipiente scollamento fra composizione sociale del paese ed istituti del Welfare tradizionale? Molti (troppi) pensavano (e pensano) al paese di Bengodi: salvaguardia delle tutele tradizionali e contestuale rivendicazione di ulteriori benefit (per intenderci, no alla legge Fornero e sì al reddito di cittadinanza per tutti). Altri (pochi) puntavano (e puntano) ad un ridisegno del Welfare più attento alle domande individuali che a quelle collettive, e conseguentemente a procedure bottom up con le quali sostituire quelle top down della tradizione.

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LA LOTTA ALL'EVASIONE RESTA UNA PRIORITÀ

di Vincenzo Visco

È comprensibile che i governi cerchino di valorizzare la propria attività e di presentare in termini positivi la situazione. Si tratta di creare fiducia ed è un comportamento quasi doveroso. Tuttavia, se la rappresentazione è troppo distante dalla realtà il rischio di contraccolpi, anche di consenso, è notevole. 

Prendiamo il caso italiano. Dopo la Grecia e Cipro, l’Italia è il Paese che è stato maggiormente colpito dalla grande crisi 2007-14: il Pil si è ridotto del 9-10%; il Pil pro capite del 10% riportandoci ai livelli del 1996; il reddito disponibile si è ridotto del 5%, i consumi dell’8%; gli investimenti sono crollati di oltre 30 punti, così come la produzione manifatturiera; la disoccupazione ha raggiunto il 13%, mentre la riduzione attuale è fortemente influenzata dagli incentivi governativi, costosi e transitori; le esportazioni faticano nonostante la svalutazione dell’euro.

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ESPANSIVA, MA MOLTO DIPENDE DALLA RIPRESA ECONOMICA

di Carlo Dell’Aringa

Le basi e  la filosofia  della Legge di stabilità erano state costruite nella Nota di aggiornamento al DEF emanata dal Governo nell’autunno dello scorso anno.

L’impianto complessivo risultava molto chiaro dalle poche pagine contenute nell’allegato III della Nota e che riguardava la relazione al Parlamento redatta ai sensi dell’art. 6 della legge n. 243 del 2012.  Questa legge, come è noto, prevede che eventuali scostamenti dal saldo strutturale dell’obiettivo programmatico siano consentiti in caso di eventi eccezionali e previa autorizzazione del Parlamento. Con la Nota di aggiornamento il Governo intendeva apportare modifiche al piano di rientro. Infatti l’equilibrio di bilancio è stato spostato più avanti nel tempo: il pareggio in termini strutturali verrà raggiunto non nel 2017, bensì nel 2018.

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TROPPI I CONDIZIONAMENTI DELL’EUROPA ALLA LEGGE DI STABILITA’

di Gianni Bottalico

Dopo l'approvazione della legge di stabilità, con i suoi punti interessanti e con i suoi limiti, occorre innanzitutto porre l'attenzione sulle modalità attuative dei provvedimenti contenuti in modo da evitare che i tagli previsti dalla manovra finiscano per scaricarsi, come purtroppo spesso accade, su chi occupa l'ultimo anello della scala sociale, i cittadini più deboli. 

Stante l'attuale regime di austerità non ci si deve stupire del fatto che i governi usino criteri piuttosto sommari per decurtare i bilanci dei loro ministeri, questi ultimi poi si rivalgano con dei tagli sui trasferimenti agli Enti Locali e questi, a loro volta, alle imprese o alle cooperative che realizzano opere o servizi pubblici. Sarebbe interessante monitorare per ogni milione di tagli, quanto costituisce un effettivo risparmio, quanto incide su una migliore organizzazione e sulla riduzione degli spechi e quanto invece ricade come una tegola sulla testa di chi è nel bisogno, privandolo di servizi o di agevolazioni di vitale importanza.

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NON E' QUELLA ''RACCONTATA'' DA RENZI, MA FA DI NECESSITA' VIRTU' 

di Maurizio Benetti

Approvata dal Parlamento italiano, la legge di stabilità non ha ancora esaurito il suo percorso. E’ attesa infatti da un ulteriore passaggio, il vaglio definitivo della Commissione Europea in primavera, passaggio non facile soprattutto dopo l’utilizzo di un ulteriore margine di flessibilità con la clausola migranti e dopo le polemiche di questi giorni tra Juncker e il presidente del consiglio italiano.

Date le variabili politiche che determineranno le decisioni della Commissione e del Consiglio Europeo è inutile fare previsioni e discutere sull’eventuale bocciatura e sulle sue conseguenze. Si vedrà e discuterà allora. Nel frattempo si può dare un giudizio su quanto approvato dal parlamento italiano. 

Finanziaria espansiva o regressiva, finanziaria di svolta o finanziaria di mance? Se ne è detto e si è letto di tutto su questa legge, a partire dalla solita presentazione “celebrativa” di Renzi per finire con le critiche delle opposizioni e di commentatori illustri anche se qualcuno tra questi ultimi (ma anche nelle opposizioni) dovrebbe confrontare i giudizi espressi oggi con quelli espressi sulla legge di stabilità presentata da Letta-Saccomanni. Credo dovrebbero constatare qualche contraddizione.

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CONTINUERÀ' LA STAGNAZIONE E NON CREERA' LAVORO

di Riccardo Sanna

A dispetto degli annunci, la manovra annunciata per la Legge di Stabilità 2016 non è espansiva. I pochi margini di “flessibilità” di Bilancio, che consentirebbero l'utilizzo di maggiori risorse, tecnicamente derivano da un rallentamento dell'austerità, quindi da un utilizzo di risorse che mantengono il vincolo del 3%, solo al di sopra del quale è lecito parlare di politica espansiva. Nel Draft Budgetary Plan, infatti, il Governo ammette di affrontare le difficoltà dell’economia “rivedendo e attenuando la velocità del consolidamento fiscale”. Lo scarto “espansivo” su cui si dovrebbero recuperare più risorse sta tra il nuovo deficit del 2,4% (contando anche il riconoscimento dello 0,2% di deficit per far fronte alle circostanze eccezionali dovute all’emergenza migranti) e il dato dell’indebitamento netto tendenziale – cioè quello “sulla carta”, in assenza di interventi e sulla base della normativa vigente, comprese le famigerate clausole di salvaguardia – che nel 2016 sarebbe dovuto essere pari all’1,4% del PIL. Peraltro, nel DEF di aprile 2015 l’indebitamento netto era previsto all’1,8%, come stabilito già dall’agenda Monti. In ogni caso, il punto è che nel 2015 è programmato un rapporto deficit/PIL pari ad almeno il 2,6% e, dunque, il deficit dell’anno in corso non verrà aumentato, ma ridotto. Insomma, la Legge di stabilità approvata lo scorso 22 dicembre in Parlamento non è la svolta necessaria e, in realtà, non cambia nemmeno verso. 

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UN PROVVEDIMENTO UN PO’ LIBERISTA E UN PO’ ELETTORALISTICO

di Gianni Principe

Impresa ardua, tentare di definire la qualità politica della manovra di bilancio 2016 del governo Renzi. Se prende piede l'idea che la distinzione di fondo tra destra e sinistra stia venendo meno, con quali parametri si può giudicarla? 

Innovazione versus conservazione è la coppia alternativa, secondo alcuni. È in effetti una discriminante che ha vissuto momenti di gloria, per una lunga stagione: quella in cui alla destra riusciva l'impresa di smantellare storiche conquiste della socialdemocrazia in occidente. In questa opera aveva avuto successo facendo leva sugli “animal spirits”, di cui un'economia di mercato ha bisogno vitale. Ma col tempo, man mano che si accumulavano le failures che il nuovo ordine portava con sé, il racconto del Paese dei Balocchi ha perso ogni capacità di sedurre la fantasia popolare. È stato smentito dalla cruda realtà della crisi. 

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