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Vi auguriamo una felice e serena Pasqua! Il prossimo numero della newsletter uscirà il 9 maggio 2017

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NEWSLETTER n.193 del 11 APRILE 2017

 MORTO UN VOUCHER, SE NE FA UN ALTRO (DIVERSO)

Il ''meramente occasionale'' alle intese delle parti sociali

di Raffaele Morese

Il latte è stato versato ed ora si hanno a disposizione pochi mesi per non limitarsi a piangere (o ridere) su un referendum indetto per mano della CGIL e su una decisione del Governo, indotta dalla “ragion di Stato”, di cancellare la norma istitutiva dei voucher. Dal 1 gennaio 2018 non si potrà più usare il tagliando dell’INPS per pagare i “lavoretti”. Entro quella data, dovrebbe essere disponibile una nuova soluzione perché, come ha detto Prodi, “il lavoro va sempre regolato”. Nella sciagurata ipotesi che non ci fosse, il lavoro nero tornerebbe inevitabilmente in auge. Non credo che i promotori del referendum e soprattutto il Governo auspichino questo esito. Il tanto peggio, tanto meglio non si addice né agli uni e né all’ altro.

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I mini-job della Germania mal si adattano all’Italia

di Gabriele Olini 

Perché i mini-job

L’immagine che noi abbiamo della Germania è quella di un sistema economico solido, basato sull’alta qualità della produzione di beni e servizi. Dentro un’organizzazione del lavoro molto strutturata la regola è quella di elevate retribuzioni corrisposte a dipendenti che dispongono di un sistema di protezione sociale elevato, tra i più robusti al mondo. Tutto ciò può essere riassunto in un costo del lavoro orario che secondo l’Eurostat era nel 2016 in media nei settori privati, esclusa l’agricoltura, per le imprese con almeno dieci addetti di 33 euro l’ora (di cui 26 euro di retribuzione);[1] a fronte di questa vi sono naturalmente una produttività elevata, una straordinaria attenzione all’educazione di base e alla formazione continua, una grande capacità di ricerca e innovazione, che mantengono elevata la competitività del sistema.

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Non si combatte l’abuso con la cancellazione

di Pierangelo Albini

L’attuale disciplina del lavoro accessorio è il frutto di un percorso di evoluzione normativa piuttosto articolato.
Le ultime riforme legislative, segnatamente la cd. “Legge Fornero”, prima, ed il cd. “Jobs Act”, compreso il decreto “correttivo”, poi, hanno portato a termine un processo di revisione dello strumento del “voucher” che ne ha progressivamente ampliato e significativamente semplificato l’utilizzo.
Sono noti gli aspetti che sono al centro dell’attuale dibattito sullo strumento dei voucher e che richiamano l’attenzione sui rischi di abuso del lavoro accessorio, anche sotto il profilo della concorrenzialità con altre tipologie contrattuali.
Resta che recenti studi, pubblicati anche dall’Inps1, affermano chiaramente che  i  valori  assoluti  del  fenomeno  rimangono  modesti,  rispetto  alle dimensioni complessive della domanda di lavoro.

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I paradossi del buono lavoro

di Gigi Petteni

Sul voucher da sempre il confronto tra le diverse opinioni è viziato da una eccessiva ideologia che ha impedito la ricerca di soluzioni equilibrate.

Dalla sua introduzione, lo strumento è stato modificato innumerevoli volte. La scelta, con la legge Biagi del 2003, di introdurre il sistema dei buoni lavoro fu dettata dalla volontà, da una parte, di favorire le opportunità di integrazione del reddito, dall’altra di fare emergere i cosiddetti “lavoretti”. In quella legge erano state inserite molte limitazioni, ma l’ambito di utilizzo è stato in seguito via via ampliato a sempre nuove tipologie di attività, con un susseguirsi di interventi legislativi e amministrativi, fino alla messa a punto operata dalla legge Fornero del 2012, che ha sostituito l’elenco di specifiche attività con limiti agli importi massimi utilizzabili.  

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Trovare una soluzione a ''zero complessità' ''

di Cesare Fumagalli

Siamo alle solite. La vicenda dei voucher ripropone la sindrome italica della ‘tela di Penelope’, la consuetudine di fare e disfare le leggi senza pensare alle conseguenze.
Cancellare i voucher con una decisione affrettata, assunta sull’onda emotiva di un referendum, è stato un errore. Perché non regge la motivazione di qualificare come abuso la crescita del loro utilizzo che peraltro ha raggiunto, al suo massimo, lo 0,23% delle ore lavorate e che, con l’introduzione della tracciabilità nel 2016, era stata comunque frenata.
Proprio la tracciabilità, che obbliga gli utilizzatori ad una comunicazione preventiva, consentiva di effettuare controlli ed evitare possibili usi fraudolenti. Quindi, prima di decretarne la ‘morte’ repentina, sarebbe stato opportuno attendere i risultati di un attento monitoraggio dell’uso dei buoni lavoro. Soltanto così avremmo avuto l’esatta cognizione di quanto e come sono stati utilizzati e se davvero ne è stato fatto un uso illegittimo.

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Per favore, cambiamo registro

di Tania Scacchetti

Sarebbe meglio di no, meglio non fare un altro voucher se deve diventare lo strumento che abbiamo conosciuto negli ultimi anni.
I voucher sono nati nel 2003, anche se il loro vero e proprio utilizzo è stato dal 2007 in poi.
Quando sono nati era possibile utilizzarli per attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne. Fra le attività erano contemplate i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l’assistenza domiciliare a bambini e anziani, insegnamento privato supplementare, lavori di giardinaggio, manifestazioni culturali, associazioni di volontariato ed enti pubblici per le emergenze.

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In agricoltura non c’è stato abuso

di Luigi Mastrobuono 

La fretta di risolvere il problema del referendum promosso dalla CGIL ha portato all’eliminazione da parte del Governo di un importante strumento per il lavoro occasionale come i voucher, senza aver trovato prima valide alternative.
Nel settore agricolo –  ove l’esigenza di svolgere prestazioni meramente occasionali ed accessorie è tutt’altro che infrequente – la questione è particolarmente sentita. Non a caso i voucher sono stati sperimentati nel 2008 proprio nel settore primario.
Le decisioni affrettate, come quella presa dal Governo, non aiutano mai la ricerca della giusta soluzione. Era  necessaria prima una valutazione serena e distaccata del fenomeno, scevra da pregiudizi ideologici, che partisse dai dati certi forniti dall’INPS sull’utilizzo dei voucher. 

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Post voucher, riflessioni e proposte

di Guglielmo Loy

Sono ormai moltissimi gli studi e le analisi (compresi i 4 rapporti UIL) su come “il buono lavoro” abbia riscosso, nel corso degli ultimi anni, un successo in termini di utilizzo. E’ vero che, rapportato al numero generale delle ore lavorate, siamo a percentuali molto basse ma, nel contempo, va sottolineato come sia, comunque, molto alto il dato su quante persone abbiano ricevuto (1.4 mln.), in cambio di una prestazione, una retribuzione sotto forma di voucher. In sostanza, il fenomeno va compreso, soprattutto, per come impatta sulle persone data la crescita esponenziale degli ultimi 3/4 anni, fino ad arrivare ai 133 milioni di voucher venduti del 2016.

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 I luoghi comuni e le soluzioni che ancora non ci sono

di Jole Vernola

La caccia alle streghe è finita. La strega è stata sconfitta. I Voucher sono stati cancellati. Non sono invece cancellate quelle attività occasionali, presenti anche nelle imprese, per le quali veniva utilizzato il Voucher.

A nulla è valso il richiamo al reale impatto economico del lavoro accessorio, che rappresenta solo lo 0,23% del totale del costo lavoro in Italia, certificato dalla “Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione” del Ministero del Lavoro, Istat, Inps e Inail, né la revisione dei controlli con l’introduzione della tracciabilità. 

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Dietro il perfezionismo, c'è solo conservatorismo

di Enzo Mattina

Credo che sia stato un bene evitare un referendum per la rottamazione dei voucher, perché non vi è dubbio che sarebbe stato, alla stessa stregua dell’appuntamento del 4 dicembre scorso, un altro momento di intorbidamento della convivenza civile e della dialettica democratica, a prescindere dal merito del quesito sottoposto alla valutazione dei cittadini.

Avremmo assistito ancora una volta a un altro torneo di mistificazioni tra schieramenti eterogenei, focalizzati soltanto sulla reciproca delegittimazione anziché sulle problematiche messe all’ordine del giorno, con l’inevitabile esito di accentuare le tante incertezze che gravano sulla coesione sociale e sulla tenuta economica del presente e del futuro del nostro Paese.

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