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NEWSLETTER n.206 del 5 DICEMBRE 2017

PERCHE' IL SINDACATO E LA SINISTRA SI DIVIDONO SUL LAVORO E SUL WELFARE?

Il sindacato confederale cambi rito, l’occasione e’ ora

di Raffaele Morese

Dieci anni fa, il sindacato confederale era sistematicamente diviso; più o meno come ora. CISL e UIL facevano accordi con il Governo in carica, la CGIL no. In molti rinnovi contrattuali si ripeteva lo spartito. C’erano già i segnali della grande crisi che avrebbe attraversato il mondo occidentale in maniera devastante. Ricorderemo come un incubo il lungo e pesante elenco di posti di lavoro persi e che, ancora ora, molti Stati, compreso il nostro, non hanno recuperato. Il ripiegamento difensivistico del sindacato confederale italiano era nelle cose; ma ha fatto di più.

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Il mondo 4.0 rende tutto e tutti obsoleti in poco tempo

di Angelo Deiana

Perché la sinistra e il sindacato si dividono sul lavoro e sul welfare? Domanda semplice, risposta difficile. Anche perché collegata ad altre domande molto più complesse. Ad esempio: esiste ancora la sinistra per come la pensiamo noi che l’abbiamo in qualche modo vissuta in passato sulla nostra pelle? Esiste ancora il sindacato che abbiamo in passato considerato il guardiano primo del lavoro dipendente? Ma la domanda di tutte le domande, quella da cui derivano tutte le altre, è una sola: esiste ancora il lavoro dipendente come lo abbiamo inteso nel passato prossimo che abbiamo vissuto?

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Lettera aperta a chi vuole dialogare

di Piero Ragazzini

Caro Raffaele,

                   ho accettato il tuo invito a scriverti alcune riflessioni sul tema che hai posto, sfidando la mia natura pragmatica, perchè penso che in tempi così difficili e turbolenti, sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista economico, credo sia importante cercare di fermarsi un attimo a ragionare.

Del resto se tutti gli analisti definiscono la crisi economica che stiamo attraversando la più grave, evocando quella del 1929, tutti hanno il dovere di preoccuparsi se vogliono in qualche modo rappresentare chi in questa situazione è maggiormente colpito: i lavoratori e i pensionati.

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Servono i ricostruttori non i rottamatori

di Agostino Megale

La storia ci consegna più momenti nei quali la sinistra politica e il sindacato si sono divisi. In genere questa divisione ha prodotto anche una divisione nel sindacato e tra i sindacati. Senza ripercorrere con un’analisi storica approfondita e limitandoci agli ultimi quaranta anni possiamo vedere che:
Gli anni ’80 caratterizzati dalla conclusione dell’esperienza politica dei Governi di unità nazionale di fine anni ’70, incrociano nel 1984 l’accordo separato del 14 febbraio, detto accordo di San Valentino, che interviene con il blocco per decreto su quattro punti di scala mobile. CISL, UIL e socialisti della CGIL concordano con le decisioni, tramite decreto, assunte dal Governo Craxi.

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Se la frattura e' tattica, l'intesa si trova, se è strategica……

di Guglielmo Loy

Non è la prima stagione di “divisioni” sindacali. La storia, recente o non solo, ha visto le grandi organizzazioni sindacali confederali, ma anche di categoria, avere idee diverse su singole vertenze, rinnovi contrattuali e relazioni con le istituzioni e i governi, anche a livello locale. In alcuni casi la divisione ha prodotto lacerazioni e ferite profonde che solo il tempo ha lentamente rimarginato.
Nel caso delle diverse valutazioni sull’esito del recente, lungo, confronto con gli ultimi 2 Governi sulle questioni previdenziali siamo di fronte ad una divisione, a mio avviso, originale e, sinceramente, poco comprensibile.

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E’ la politica economica non condivisa che ci divide

di Guglielmo Epifani

Sono tre i temi che ci dividono dalle scelte fatte dal Governo e dal PD in questa legislatura, e che quindi saranno oggetto di una diversa proposta per le prossime elezioni.

Il primo è il giudizio sul Jobs Act. Guardando i dati concreti questa legge non ha avuto l’effetto di ridurre la precarietà dal lavoro. L’occupazione è cresciuta con la ripresa economica, ma il suo segno distintivo resta quello della precarietà. Il contratto a tempo indeterminato è sempre più marginale rispetto alle nuove assunzioni. La conclusione è semplice: si sono spesi tanti miliardi, si sono allentate le tutele in materia di licenziamenti individuali e collettivi senza che la contropartita della stabilità del lavoro sia stata raggiunta.

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Far prevalere un solido spirito riformistico

di  Cesare Damiano                        

Per comprendere la frantumazione del panorama politico della sinistra e delle relazioni tra le sue componenti e parti del sindacato, credo si debba partire da un ragionamento per sottrazione. Cosa manca, in quest’epoca, a quel rapporto? Quando, da giovane impiegato della Riv Skf, ho cominciato la mia attività sindacale, esistevano ideologie ben strutturate e la lotta di classe. Quegli elementi erano un involucro che, in qualche modo, indirizzava le organizzazioni sindacali e le forze politiche che facevano riferimento al lavoro, in una direzione definita.

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E chi l’ha detto che dividersi non e’ utile?

di Giovanni Principe

È difficile spiegare le divisioni interne a sinistra e sindacato su lavoro e welfare, se non si ha chiaro quali sono le posizioni della sinistra su lavoro e welfare. Ma sono poi chiare?
Conviene cercare la risposta partendo dal senso comune. Quello, per dire, di un ragazzo di diciotto anni, prossimo al suo primo voto. A cui ho posto realmente la domanda: la risposta mi sembra possa essere una buona base di partenza: “Per la sinistra il lavoro deve assicurare un’esistenza libera e dignitosa” (ha studiato la Costituzione e mi ha citato l’articolo 46) “quindi non solo deve essere ben remunerato ma dovrebbe anche garantire una certa stabilità per guardare con tranquillità al futuro. E le esigenze di competitività, che sono sacrosante per il buon andamento dell’economia, devono perciò essere temperate per rispettare queste esigenze non meno importanti”

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Tutto comincia dalle parole

di Luigi Covatta

“Tutto comincia dalle parole”, ha detto ieri Veltroni alla “Repubblica” per replicare a Salvini: il quale, a proposito della bravata di Casa Pound nella sede di un’associazione umanitaria di Como, aveva osservato che “le parole non sono violenza”.

Ma se tutto comincia dalle parole, queste vanno usate con proprietà. Proprio ieri, per esempio, mentre ad Orvieto si concludeva l’assemblea di “Libertà eguale” (l’associazione fondata quasi vent’anni fa da Enrico Morando e dal compianto Luciano Cafagna per promuovere la cultura riformista in seno al centrosinistra), a Roma prendevano il nome di “Liberi e uguali” i movimenti che si sono ritrovati sotto la guida di Piero Grasso, cioè quanto di più lontano ci sia dal riformismo: segno che a sinistra le parole non significano più granché.

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Se rinasce il partito del lavoro

di Roberto Mania

Caro Sindaco,

Due dicembre 1977, quasi trecentomila metalmeccanici della mitica Flm sfilano per le strade di una Roma raggelata, chiedendo una svolta nella politica economica del governo monocolore democristiano, guidato da Andreotti e sostenuto anche dalla non sfiducia del Pci di Enrico Berlinguer. Ieri, due dicembre 2017, Roma è stata di nuovo attraversata da un corteo sindacale per quanto più esile e meno combattivo: quello della Cgil impegnata nella sua solitaria "vertenza pensioni" contro il governo Gentiloni, la cui maggioranza è formata dal Pd, partito erede anche del Partito comunista.

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