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NEWSLETTER n.216 del 15 MAGGIO 2018

 QUALI DIRITTI E TUTELE PER I RIDERS

 

Nuovi Lavori che non siano uguali ai loro antichi omologhi

di Raffaele Morese 

Ogni volta che vedo un baldo giovane sfrecciare con la sua bicicletta nel tremendo traffico di Roma, con casco e zaino spesso griffato dalla “piattaforma” che lo guida verso il destinatario di turno, mi viene in mente il garzone del panettiere che, a Foggia, quando ero bambino, aspettavo con affetto perché portava il panino caldo per noi fratelli e il “filone” appena sfornato per tutta la famiglia. Il primo è la versione moderna del secondo.

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I riders disegnano le nuove frontiere dell’economia digitale

di Ferruccio Pelos

Nelle nostre città maggiori, circa 15, sono spuntati come funghi colorati dei ciclofattorini addetti al food delivery.
Consegnare pizze o cibi al ritmo di 5 consegne l’ora per 5 euro lordi cadauna e macinare kilometri nel traffico delle città, con sole, pioggia o neve rappresenta un nuovo lavoro a cottimo, senza garanzie, tutele e diritti.

Spesso si collegano queste nuove forme di lavoro tipiche della gig economy, alla sharing economy. In realtà se per sharing economy si intende consumo collaborativo, - cioè un modello economico basato su di un insieme di pratiche di scambio e condivisione, siano questi beni materiali, servizi o conoscenze; che vuole proporsi come alternativo al consumismo - va detto subito che quanto sta avvenendo non è per nulla riequilibrio e redistribuzione della ricchezza.

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No a frettolose soluzioni legislative, meglio la contrattazione

di Tiziano Treu

Il quadro presentato da Orioli sul “lavoro ai tempi di Blade Runner” è così sconvolgente che deve scuoterci tutti: deve imporci a pensare ed agire in termini nuovi con coraggio e mente aperta. 
La sfida riguarda tutti quelli che hanno responsabilità per influire su questo futuro: dai decisori pubblici, agli imprenditori, alle organizzazioni sindacali, fino agli operatori del diritto. La discussione avviata al Sole 24 Ore è un’occasione preziosa per un confronto aperto e non ideologico su questi temi. 
Il cambiamento delle forme del lavoro è così profondo che serve un ripensamento di tutte le regole che devono governarle; le regole legislative ma anche quelle contrattuali. 

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In mezzo al guado del diritto del lavoro

di Umberto Romagnoli

In passato il lavoro subordinato a tempo indeterminato era considerato il modello standard, e i giudici andavano a caccia di elementi che facessero rientrare in questa categoria. Oggi non c’è più un’alternativa netta, fra subordinato e indipendente c’è un’ampia zona grigia. E la Costituzione imporrebbe di occuparsene.
Il caso dei rider ribelli di Foodora su cui si è pronunciato il Tribunale di Torino ha avuto una certa risonanza mediatica. Però, i più prudenti media nazionali hanno preferito sospendere il giudizio sulla vicenda in attesa di conoscere la motivazione della decisione che, come è noto, ha negato ai ricorrenti la fruibilità delle tutele proprie dei lavoratori dipendenti. Comunque, tutti i più o meno improvvisati commentatori concordano nel valutare la controversia come un sintomo delle criticità del lavoro nel XXI secolo che sta chiudendo definitivamente i conti col passato. 

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Anche i giudici devono tener conto che il mondo cambia

di Claudio Treves

Da qualche giorno sono state rese note le motivazioni con le quali il giudice di Torino ha respinto il ricorso di alcuni lavoratori di Foodora secondo i quali la loro prestazione avrebbe dovuto essere riqualificata come subordinata, con le conseguenti tutele in materia di salario, orario sicurezza e tutela dei propri dati personali.
Il giudice non ha confermato, invece, la correttezza del loro inquadramento come collaboratori, rigettando in toto le loro richieste.

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Legislazione e contrattazione alla sfida della Gig economy

di Livia Ricciardi

E’ il paradosso della Gig economy: il progresso tecnologico delle piattaforme digitali spesso alimenta i c.d. “lavoretti”.
Sappiamo che non esiste un modello omogeneo di piattaforma digitale: l’obiettivo può essere la collaborazione tra pari (economia della condivisione), oppure la mera intermediazione tra professionisti e clienti, oppure la produzione o vendita, o infine, l’affidamento di compiti ad una indeterminata quantità di persone tramite un contest (crowdworking).

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La gig economy alla prova della giurisprudenza del lavoro

di Lucia Valente

Si chiamano platform workers e sono i lavoratori che offrono il proprio lavoro attraverso le piattaforme digitali. Finalmente, da quando la magistratura del lavoro ha dovuto affrontare questioni innovative utilizzando il vecchio strumentario lavoristico, anche in Italia si parla di tutele per coloro che prestano lavoro attraverso la piattaforma digitale.

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La via per uscire è già nel Job Act

di Fabio Fonzo

All’indomani dalla pubblicazione della sentenza del Tribunale di Torino n.778/2018 riguardante la natura giuridica del rapporto lavorativo dei fattorini della ditta Foodora, incaricati della consegna di derrate alimentari nella città di Torino, il supplemento del Corriere della Sera del 7 maggio 2018 illustrava la realtà economico aziendale globale di quello che ora viene chiamato Gig Economy e delle macro-aziende del settore.

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Caporalato digitale: le alternative possibili

di Francesca Martinelli, Demetrio Chiappa, Chiara Chiappa, Riccardo Tedeschi

Oggi in Italia sono 3,5 milioni i lavoratori che fanno esperienza di lavoro atipico e discontinuo, un fenomeno che sarà sempre più amplificato dall’ingresso nella Quarta Rivoluzione Industriale. Si calcola che nei prossimi cinque anni nel nostro Paese saranno persi ben 5 milioni di posti di lavoro.

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I riders e le cooperative del futuro

di Samuele Bozzoni*, Simone Caroli** e Giuseppe Guerini***

Pietro Ichino fa bene a valutare la vicenda Foodoracon il metro della dipendenza economica sostanziale. Anche i giudici del Tribunale di Torino fanno bene a qualificare i rider come collaboratori autonomi, liberi di lavorare o non lavorare a propria discrezione.Così come fanno bene i sindacati a chiedere che il lavoro tramite app non inneschi meccanismi di dipendenza più vincolanti – ma meno tutelati – del rapporto di subordinazione tra datore di lavoro e dipendente. Fa bene l'Istat a misurare il fenomeno, con l'aiuto di INPS, INAIL, e Ministero del Lavoro. Fanno bene, a Milano e a Bologna, i rider stessi a dialogare con le istituzioni e associarsi per sperimentare forme di rappresentanza sindacale.

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Un nuovo web di proprietà delle cooperative

di Trebor Scholz

Bisogna inventare un nuovo Web a servizio di modelli macroeconomici fattibili, piuttosto che sviluppare una rovinosa economia dei dati.
Ora come ora, la piattaforma capitalista viene definita da decisioni dall’alto prese nella Silicon Valley e implementate da algoritmi a scatola nera. Ciò di cui abbiamo bisogno è una nuova narrazione della condivisione, aggregazione, apertura e cooperazione, un racconto in cui è possibile credere.

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Sentenza: “Non c’e subordinazione tra fattorini e azienda”

di Vari

Secondo il giudice Marco Buzano del tribunale di Torino, che nella sua sentenza ha dato ragione a Foodora contro il ricorso di sei riders - fattorini, “il rapporto di lavoro intercorso tra le parti era caratterizzato dal fatto che i ricorrenti non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l’obbligo di riceverla“. 

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