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Ed ora una ”fase costituente”

Signore e Signori Capi di Stato e di Governo, Signori Presidenti delle Istituzioni Europee, Gentili Ospiti,
sono molto onorato di accogliervi oggi al Quirinale a conclusione della solenne cerimonia che, in Campidoglio – nello stesso luogo che accolse, sessanta anni fa, i sei Paesi fondatori – ha ricordato l’anniversario della firma dei Trattati di Roma.

Da Roma, in quei primi giorni di primavera, sorse un segnale di fiducia nella prospettiva dell’Europa.

Un segnale di rilancio – come molti hanno ricordato – che seguiva il primo momento di autentica crisi del progetto di integrazione continentale, con il fallimento della Comunità Europea di Difesa.

L’evoluzione di quei Trattati, la visione ampia dei padri fondatori, hanno consentito, con l’impegno comune, lo sviluppo di una comunità il cui modello sociale non trova eguali.

In questi ultimi anni, il nostro progetto di libertà e democrazia è sotto attacco.

Ancora una volta il terrorismo nei giorni scorsi ha colpito, a un anno dagli attentati di Bruxelles, una delle capitali d’Europa, Londra.

La sconfitta dell’arroganza del terrorismo, che porta i suoi propositi sanguinari alle porte delle nostre istituzioni, richiede impegno per risposte ferme e ancorate alle regole dello Stato di diritto.

La nostra solidarietà senza riserve va al popolo, al Parlamento e al governo britannici.

Occorre una grande mobilitazione, anzitutto delle coscienze, e una incisiva azione comune, accrescendo la collaborazione tra i nostri apparati di sicurezza e di informazione.

Alla Unione Europea, con le sue ragioni di solidarietà e di comune impegno per lo sviluppo e la pace, tocca un ruolo fondamentale nel riaffermare il valore della vita contro gli artefici di morte.

L’Unione, in questi sessant’anni si è, via via, rafforzata – e ha acquisito sempre maggiori competenze, divenendo un’Unione multidimensionale, costruita su Istituzioni solide e in continuo sviluppo.

Questa nostra Europa ha attraversato periodi di stasi – come negli anni settanta – alternati a periodi di intensa attività – come quello intercorso fra l’Atto Unico e Maastricht e i grandi allargamenti a est – ad altri di grande delusione, come la mancata ratifica del Trattato Costituzionale.

Ma pensiamo soprattutto ai momenti di grande speranza, come il primo giorno di circolazione dell’Euro, il progressivo affermarsi di quello straordinario spazio di libertà che prende nome da “Schengen” o il continuo crescere del Programma Erasmus: speranze confermate dal loro sviluppo.

Siamo ben consapevoli, tuttavia, delle difficoltà dell’oggi.

Poc’anzi, in Campidoglio, avete adottato una Dichiarazione impegnativa che disegna il percorso da seguire per ridare slancio alla nostra Unione.

Una Dichiarazione che ribadisce, senza infingimenti, come il nostro futuro si identifichi con il nostro essere, insieme, Europa e si muova nella direzione indicata dagli scenari più ambiziosi tracciati nel recente Libro Bianco della Commissione e nel segno dei valori più autentici alla base del percorso di integrazione.

Sono questi valori di apertura, di solidarietà fra popoli e generazioni, di tolleranza e l’affermazione dei principi di libertà e di democrazia, che consentiranno di far compiere all’Unione quel “salto di qualità” di cui, oggi, tutti avvertiamo estremo bisogno.

Senza la prospettiva di passi in avanti crescenti – che sono stati il lievito della costruzione europea – rischiamo una paralisi fatale, perché impossibile da sostenere.

Le linee guida della Dichiarazione sono, d’altra parte, manifeste: un’Europa sicura e che proietti stabilità nel suo vicinato; che sia prospera al suo interno e segua percorsi sostenibili di crescita; che sviluppi il suo modello sociale attraverso la strenua difesa dei diritti di ciascuno; che sia autorevole portatrice di pace e protagonista sul piano internazionale.

Se vogliamo l’Unione che i cittadini ci chiedono con insistenza, in questa direzione, dobbiamo concludere, con sincerità, che l’attuale architettura europea andrà ripensata.

Le prove che l’Unione Europea è già oggi chiamata ad affrontare – quella economico-finanziaria, quella migratoria, le crisi ai nostri confini orientale e mediterraneo, quella del pericolo terrorista – pongono con forza l’esigenza di rilanciare l’obiettivo, ineludibile, di riforma dei Trattati.

I prossimi dieci anni – come sottolinea la Dichiarazione – saranno davvero cruciali per il progetto comune.

La globalizzazione, con la veloce moltiplicazione degli attori sulla scena internazionale – attori che sono certo amici, ma anche concorrenti nel normale fluire delle forze dei mercati – ci costringe a tabelle di marcia sempre più serrate.

La velocità dei cambiamenti, che si susseguono con rapidità inedita, deve spingerci a serrare i ranghi della nostra Unione anche per renderla più agile e più competitiva.

La nostra finestra di opportunità non rimarrà aperta per sempre e dobbiamo giovarcene adesso. Dobbiamo essere capaci di governare i cambiamenti prima che divenga impossibile farlo.

Nessun ripiegamento in se stessi potrà mai garantire ai nostri cittadini il medesimo livello di pace, prosperità e libertà che abbiamo raggiunto.

E’ stato detto, a questo proposito, che i Paesi europei si dividono in due categorie: gli Stati piccoli, e quelli che ancora non hanno realizzato di esser tali.

Si tratta di una definizione certo inconsueta, sulla quale, peraltro, occorre riflettere.

La sostanza della scelta dell’Unione consiste nel realizzare un processo di integrazione basato sulla decisione di porre in comune talenti, risorse e capacità per il maggior benessere delle nostre società e per lo sviluppo costante delle istituzioni democratiche.

La discussione per metter mano a una revisione dei Trattati non sarà semplice, ma quel che emerge dalla Dichiarazione di oggi è che inizia una “fase costituente”, che mi auguro feconda, arricchita dalla diversità di opzioni e, comunque, da unità di intenti che gli Stati membri sapranno certamente portare al cantiere comune.

E’ con questo auspicio, accompagnato da un augurio sincero di buon lavoro, che Vi invito a levare i calici per brindare all’Europa, alla nostra Europa, all’Unione dei nostri popoli.

 

 (*) Intervento in occasione della colazione con i capi di Stato e di Governo della UE per il 60mo anniversario dei Trattati di Roma -“Oltre il Trattato di Lisbona. L’Europa e l’affermazione dei suoi valori nel mutevole contesto internazionale”, Roma, 26/03/2017

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