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Segni positivi dal BES, ma non riguardano povertà e disuguaglianza.

Presentata il 15 dicembre scorso dall’ISTAT la quinta edizione del “Rapporto sul Benessere equo e sostenibile. Varie le dimensioni illustrate.  Nel suo quadro di sintesi l’ISTAT evidenzia che nel 2016 si è realizzata la fuoriuscita del Paese dalla crisi che ha avuto impatto sulla struttura produttiva italiana, i comportamenti individuali, le politiche pubbliche. Tale fenomeno positivo non ha riguardato allo stesso livello ambiti sociali e dimensioni territoriali.

 

Salute 

La speranza di vita alla nascita in Italia, nel 2016 pari a 82,8 anni, dopo aver recuperato la flessione del 2015, aumenta di oltre un anno dal 2010 (+1,3 per gli uomini, +0,7 per le donne). L’Italia è tra i paesi più longevi in Europa, preceduta solo dalla Spagna. 

La speranza di vita superiore alla media europea è presente anche nelle fasce di età anziane degli italiani.

La qualità della sopravvivenza peggiora oltre i 65 anni.

Positivo è l’andamento dei principali indicatori di mortalità: la mortalità infantile scende già nel 2014 al di sotto di 3 per 1.000 nati vivi; la mortalità per i tumori maligni si riduce ulteriormente in corrispondenza dei progressi medici in questo campo (9 per 10mila residenti); stabile nel 2016 la mortalità per incidenti stradali dei giovani tra 15 e 34 anni (dopo il miglioramento registrato fino al 2013). 

Limitati i miglioramenti degli stili di vita nel 2016: sul fronte dell’alimentazione aumenta il consumo di frutta e verdura (il 19,8% della popolazione ne consuma almeno 4 porzioni al giorno); diminuisce la quota di popolazione sedentaria (39,4%); sostanzialmente stabile la diffusione di comportamenti a rischio come il consumo di alcol, il fumo e l’eccesso di peso (si stima che il 25% dei bambini e ragazzi tra 6 e 17 anni è obeso o in sovrappeso. Dato medio 2015-2016). 

 

Istruzione e formazione 

Nel 2016 migliora, anche se in maniera articolata, la partecipazione ai processi formativi (formali e non formali). Si riduce, almeno in parte, il divario accumulato nei decenni precedenti nei confronti degli altri paesi europei. 

La quota di giovani (18-24 anni) che escono dai percorsi di istruzione e formazione senza una qualifica o un diploma diminuisce anche nel 2016. Aumentano invece i giovani tra i 30 e i 34 anni che hanno concluso percorsi universitari o di pari livello. Pur raggiunti o superati gli obiettivi nazionali per Europa 2020, l’Italia rimane lontana dalla media Ue. Migliora la partecipazione degli adulti alla formazione continua. 

Gli studenti nati all’estero incontrano difficoltà nel percorso formativo: i giovani immigrati che abbandonano precocemente gli studi sono il 30% (contro l’11,8% dei nativi italiani) e i laureati sono il 13,4% rispetto al 29,5% dei 30-34enni nati in Italia. 

I risultati della valutazione realizzata dall’Ocse (PISA) mostrano che nel 2015 i quindicenni italiani sono al di sotto della media dei paesi partecipanti nella comprensione dei testi; in ambito matematico, per la prima volta, il punteggio degli studenti italiani equivale a quello medio Ocse. 

A livello territoriale, la rilevazione delle competenze funzionali condotta dall’INVALSI evidenzia il permanere di notevoli differenze; nelle competenze alfabetiche la distanza tra Nord e Mezzogiorno. 

 

 

Lavoro e conciliazione dei tempi di vita 

Migliorano le condizioni del mercato del lavoro italiano per tasso di occupazione (61,6%) e per tasso di disoccupazione (21,6%). Non diminuisce la distanza con la media europea. 

L’incidenza dei lavoratori con bassa paga diminuisce (-0,3 punti percentuali), aumenta la permanenza in lavori instabili (+2,9 punti di occupati in lavori stabili) e ad aspetti soggettivi; diminuisce la preoccupazione legata all’insicurezza per il proprio posto di lavoro, rimane stabile la quota di coloro soddisfatti del proprio lavoro, attestata al valore del 2015. 

Nelle differenze di genere il gap tra uomini e donne si riduce per quanto riguarda la permanenza in lavori instabili e la bassa retribuzione mentre si amplia per la quota di occupati ad alta istruzione. Costante, ma in ulteriore divaricazione rispetto alla media Ue, la quota di occupati in part-time involontario.. 

Per gli stranieri tutti gli indicatori di qualità mostrano un miglioramento superiore a quello dei cittadini italiani, riducendo un gap che resta comunque molto elevato. 

 

Benessere economico 

Nel 2016 continua ad aumentare il reddito disponibile delle famiglie consumatrici (+1,6% rispetto all’anno precedente); in termini pro capite; il reddito medio disponibile è pari a 18.191 euro. 

Aumenta la disuguaglianza: il rapporto tra il reddito posseduto nel 2015 dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi è salito a 6,3 dal 5,8 registrato nel 2014. 

L’incidenza della povertà assoluta, più che raddoppiata durante la crisi, si è mantenuta su valori elevati (7,9%) ed è ulteriormente aumentata tra i minori (12,5%, corrispondente a 1 milione 292mila) mentre gli anziani si confermano il gruppo meno fragile (3,8%). L’incidenza della povertà assoluta raggiunge il valore massimo tra gli stranieri (sia in famiglie miste sia in famiglie di soli stranieri) i quali risultano assolutamente poveri in un terzo dei casi (contro meno di 1 su 20 tra gli italiani). 

 

Relazioni sociali 

Scende la soddisfazione per le relazioni familiari (dal 34,6% al 33,2%) e per le relazioni amicali (dal 24,8% al 23,6%). 

Registra una diminuzione significativa la partecipazione civica e politica, attestandosi al 63,1% (-3,3 punti percentuali rispetto al 2015). Sono sempre meno le persone che parlano di politica (dal 41,3% al 36,7% della popolazione di 14 anni e più) o che si informano di questioni riguardanti la politica almeno una volta alla settimana (dal 62,2% al 58,2%). Il calo è generalizzato, più intenso nelle fasce di età centrali. Tra i motivi per cui non ci si informa prevale la mancanza di interesse (nel 61,8% dei casi), seguita dalla sfiducia nei confronti della politica italiana (30,4%).La partecipazione civica e politica è molto meno diffusa tra le persone con basso livello di istruzione, tra gli operai, tra le persone che non hanno l’abitudine alla lettura di quotidiani o libri, tra i residenti nel Mezzogiorno e nei comuni di dimensioni demografiche ridotte. 

Politica e istituzioni 

Gli indicatori che esplorano la relazione tra governance e benessere mostrano una diffusa insoddisfazione nei confronti delle istituzioni. L’affluenza al voto è costantemente diminuita nel corso degli ultimi anni, come è diminuita la fiducia verso il Parlamento, il sistema giudiziario e i partiti politici. 

Un elevato grado di fiducia è riscosso solamente da istituzioni con ruolo operativo e tecnico come i Vigili del fuoco e le Forze dell’ordine (voto medio 7,2). 

Progressi si registrano per la presenza femminile nei luoghi decisionali, anche grazie a recenti interventi legislativi. L’Italia raggiunge la media europea per le quote di donne nelle assemblee parlamentari e nei consigli comunali; supera la media per la percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle grandi società quotate in borsa; rimane molto al di sotto per quanto riguarda le donne elette nelle assemblee regionali. 

 

Sicurezza 

Positivi alcuni degli indicatori che misurano l’evoluzione della sicurezza.

Diminuisce il tasso di omicidi (0,7 per 100mila abitanti. Segnano una lieve flessione i reati predatori. Caratterizza l’Italia l’incidenza di furti in abitazione e di rapine mentre il tasso di omicidi è tra i più bassi. 

Sul fronte delle percezioni, diminuisce la preoccupazione di subire una violenza sessuale riferita a se stessi o ad altri della propria famiglia e migliora la percezione della qualità della zona in cui si vive.

 

Benessere soggettivo 

La soddisfazione per la propria vita mostra netti segnali di miglioramento nel 2016:  il 41% degli individui  ne dà una valutazione molto buona.

Aumenta l’incertezza rispetto al futuro: sale la quota di quanti non sono in grado di esprimere una previsione sull’evoluzione della propria situazione nei prossimi 5 anni. 

 

Paesaggio e patrimonio culturale 

Tornano a crescere la spesa pubblica per la cultura e gli investimenti nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale. 

Sale l’attenzione per il paesaggio nelle politiche agricole. Il peso dell’abusivismo edilizio conosce finalmente una battuta d’arresto. Negli ultimi anni aumentano gli incendi boschivi

Poche variazioni sul versante del livello di insoddisfazione in merito al paesaggio.

L’intero quadro è caratterizzato dal persistere di forti disuguaglianze regionali. In particolare, emerge la debolezza del Mezzogiorno nella valorizzazione delle risorse culturali, che trova conferma nell’indicatore di diffusione e rilevanza del patrimonio museale pari nel 2015 a 0,8 per 100 km2 nel Mezzogiorno, contro 3,9 nel Centro e 1,4 nel Nord. Simili indicazioni emergono considerando la spesa comunale per la gestione del patrimonio culturale, pari nel 2015 a 4,2 euro pro capite nei comuni del Mezzogiorno, a 11,4 in quelli del Centro e a 14,1 nei comuni del Nord. 

 

Ambiente 

L’Italia continua ad essere uno dei paesi Ue28 con il minor consumo di risorse materiali pro capite (7 tonnellate contro 13 della media Ue). Il conferimento di rifiuti in discarica è in leggera diminuzione; aumenta l’incidenza della raccolta differenziata e, a un ritmo più lento, la depurazione delle acque reflue. 

La qualità dell’aria in ambiente urbano migliora, specie per quanto riguarda le polveri sottili

Stabili la quota delle acque balneabili e la dotazione di verde urbano. 

Nel 2016 rimane stabile intorno al 33% la quota di consumo interno di energia elettrica da fonti rinnovabili, che vede l’Italia sopra la media Ue (29%). La dispersione idrica mostra un’evoluzione negativa: la perdita dell’acqua immessa nella rete è pari al 40%.

 Le emissioni pro-capite di CO2 (e altri gas) sono salite a 7,2 tonnellate. Il contributo delle famiglie alle emissioni atmosferiche (trasporto privato, riscaldamento, giardinaggio, usi di cucina, uso di solventi e vernici) hanno prodotto il 24% delle emissioni di inquinanti ad effetto serra; il restante 76% è generato dalle attività produttive. 

 

 

 

Innovazione, ricerca e creatività 

Nel 2015 gli investimenti in proprietà intellettuale hanno segnato un forte aumento (+6,1%) anche perché è migliorata la spesa per ricerca e sviluppo (R&S) sostenuta da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e università. La spesa in R&S è stata finanziata per più della metà dal settore privato (imprese e istituzioni non profit); dal settore delle istituzioni pubbliche (38,0%, 8,4 miliardi) e dai finanziatori stranieri (8,3%, 1,8 miliardi). 

Aumentata la quota di persone con istruzione universitaria occupate in professioni scientifico-tecnologiche. La quota di occupati in professioni culturali e creative ha subito una flessione nel 2016 di 23 mila unità rispetto all’anno precedente, a scapito soprattutto dei lavoratori artigiani. 

La capacità dell’Italia di favorire prospettive di occupazione altamente qualificata per i laureati italiani continua a mostrare segnali decisamente negativi, soprattutto per il Mezzogiorno. Nel 2016 circa 16mila laureati italiani tra i 25 e i 39 anni hanno lasciato il nostro Paese e poco più di 5 mila sono rientrati, confermando il trend negativo del tasso di migratorietà dei giovani laureati registrato negli ultimi anni (-4,5 per 1.000 nel 2016; -4,2 nel 2015; -2,4 nel 2012). 

Le differenze territoriali confermano lo svantaggio di buona parte delle regioni del Mezzogiorno per quanto riguarda la spesa in R&S, l’occupazione in professioni culturali e creative e la mobilità dei laureati. Nel 2016 la quota più elevata di professioni culturali e creative è concentrata in alcune regioni del Centro (3,6% nel Lazio e 3,4% in Toscana) mentre nel Mezzogiorno si registra un valore medio (1,9%) ampiamente sotto la media nazionale (2,6%). 

Alcune regioni del Nord, come l’Emilia-Romagna e la Lombardia, sembrano aver adottato strategie più efficaci nell’attrarre e trattenere flussi migratori qualificati (+7 per 1.000 nel 2016); nel resto del Paese si registrano invece diminuzioni del saldo migratorio dei giovani laureati (25-39 anni), con valori negativi piuttosto consistenti in Basilicata, Calabria e Sicilia (tra -26 e -28 per 1.000) e comunque inferiori alla media nazionale (-5 per 1.000), con l’unica eccezione della Toscana, la sola del Centro-Sud per la quale si registra un saldo positivo (+ 2 per mille). 

 

Qualità dei servizi 

In chiaroscuro l’evoluzione dei servizi, con persistenti situazioni di difficoltà nel Mezzogiorno dove l’offerta è minore. In questa area geografica i posti letto nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari nel 2014 sono pari a 3,9 per 1.000 abitanti (contro la media Italia di 6,6), la quota di bambini di 0-2 anni presi in carico dai servizi socio-educativi comunali è del 4,7% (12,6% il valore nazionale). 

L’evoluzione dal lato delle infrastrutture si presenta disomogenea: l’accesso ai principali servizi è in lieve peggioramento negli ultimi anni (7,4% delle famiglie dichiara di avere difficoltà a raggiungere almeno 3 servizi essenziali); pur esistendo una copertura della banda larga del 60%, solo il 6% circa risulta abbonato al servizio;  il numero di interruzioni del servizio elettrico è in forte calo: le irregolarità del servizio idrico, pressoché stabili a livello nazionale, peggiorano nel Mezzogiorno; per il trasporto pubblico la dotazione locale espressa in termini di posti/km per abitante aumenta (+1,8% nel 2015 rispetto all’anno precedente) grazie agli incrementi nell’offerta al Nord. Restano invece piuttosto bassi i livelli di soddisfazione per il servizio.

Osservazioni

Il Rapporto ISTAT evidenzia alcune questioni su cui occorre intensificare gli interventi perché la fuoriuscita rilevata dalla situazione di crisi si configuri come un reale sviluppo inclusivo.

In primo luogo la questione delle povertà estreme e l’adiacente situazione di rischio. Sulle misure di  contrasto alla povertà è in attuazione il Reddito d’Inclusione. Ma è condiviso a riguardo il giudizio relativo all’insufficienza delle risorse attualmente destinate (le esigenze di copertura, per un effettivo intervento universalistico e non selettivo, ammontano a sette miliardi), alla necessità di rafforzamento quantitativo e qualitativo dei servizi sociali territoriali (sono in atto interventi con il limite dei tempi e delle articolazioni territoriali), al pieno coinvolgimento del Terzo settore. Una variante della povertà è la condizione dell’infanzia tra carenza di strutture e debolezza degli interventi di contrasto agli abbandoni scolastici. Anche in quest’area gli interventi in atto possono essere considerati simbolici con gli attuali programmi di contrasto alla povertà educativa, ovvero di sostegno alla natalità. L’altra variante è la condizione degli anziani, sempre più soli nell’affrontare il proprio percorso di vita, vista le carenze dei servizi alla persona diretti o indiretti e il non ancora perfezionato riconoscimento del ruolo dei caregiver familiari. 

In secondo luogo vi è da intervenire sulle progressive disuguaglianze. Tematica che non può che essere affrontata con un mix di interventi: reddito da lavoro, politiche fiscali, politiche di attivazione socio lavoristiche.

 

note:

[I] Vedi ISTAT. Il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile nasce con l’obiettivo di valutare il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale. L’Istat, insieme ai rappresentanti delle parti sociali e della società civile, ha sviluppato un approccio multidimensionale per misurare il “Benessere equo e sostenibile” (Bes) con l’obiettivo di integrare le informazioni fornite dagli indicatori sulle attività economiche con le fondamentali dimensioni del benessere, corredate da misure relative alle diseguaglianze e alla sostenibilità. L’analisi dettagliata degli indicatori, pubblicata annualmente nel rapporto Bes a partire dal 2013, mira a rendere il Paese maggiormente consapevole dei propri punti di forza e delle difficoltà da superare per migliorare la qualità della vita dei cittadini, ponendo tale concetto alla base delle politiche pubbliche e delle scelte individuali.  Nel 2016 il Bes è entrato a far parte del processo di programmazione economica: per un set ridotto di indicatori è previsto un allegato del Documento di economia e finanza che riporti un’analisi dell’andamento recente e una valutazione dell’impatto delle politiche proposte. Inoltre, a febbraio di ciascun anno vengono presentati al Parlamento il monitoraggio degli indicatori e gli esiti della valutazione di impatto delle policy.

[II] Gli indicatori del Bes, in tutto 129, sono articolati in 12 domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività (prima denominato Ricerca e innovazione); Qualità dei servizi. 

 

[III] Calcolato come densità territoriale dei musei con peso variabile in funzione del numero annuo di visitatori.

 

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