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La Banca d’Italia sul debito pubblico*

Secondo i programmi della Nota, dopo la discesa attesa per l’anno in corso, l’incidenza del debito sul PIL continuerebbe a diminuire, portandosi nel 2018 al 130,0 per cento. Si tratta di un valore sostanzialmente analogo a quello del quadro tendenziale, nonostante l’ampliamento (0,6 punti) dell’indebitamento netto. L’effetto di un disavanzo più ampio viene infatti in gran parte compensato da un’evoluzione più favorevole dei fattori che incidono sul debito, ma non sull’indebitamento netto (stock-flow adjustment). 

Si può valutare che sia nella Nota sia nel DEF con riferimento al 2018 lo stock-flow adjustment nel quadro tendenziale risulti superiore a quello del quadro programmatico per circa 0,4 punti percentuali di PIL. Nel DEF si spiegava che alla differenza contribuisce il regime della tesoreria unica per gli enti locali che, introdotto in via transitoria, secondo la legislazione vigente verrebbe meno nel 2018 ma che il Governo programmava di prolungare fino al 2020. 

In assenza di interventi nel 2018 la liquidità in Tesoreria si ridurrebbe in quanto i fondi degli enti tornerebbero nella disponibilità dei rispettivi tesorieri e, a parità di condizioni, ciò determinerebbe la necessità di maggiori emissioni di titoli di Stato che accrescerebbero il debito. La riduzione del rapporto tra il debito e il PIL accelererebbe nel biennio successivo (circa tre punti percentuali in media all’anno). Alla fine dell’orizzonte di programmazione il rapporto si attesterebbe al 123,9 per cento. Il risultato sarebbe conseguito grazie ad avanzi primari crescenti nel tempo, ai proventi delle privatizzazioni (per i quali l’obiettivo è confermato: 0,3 punti di PIL l’anno nel triennio 2018-2020) e all’accelerazione della crescita nominale (dal 2,1 per cento previsto per quest’anno al 3,1 per il 2018 e al 3,4 per l’ultimo biennio di programmazione). 

Nonostante la rimodulazione degli obiettivi dell’indebitamento netto, il profilo del debito nello scenario programmatico non si discosta significativamente da quello previsto a legislazione vigente, soprattutto per effetto della crescita nominale più sostenuta che si prevede di conseguire grazie agli interventi programmati.  

La Nota presenta analisi di sensibilità per verificare che cosa accadrebbe al rapporto tra debito e PIL nel caso di shock alla crescita e ai tassi di interesse. Essa conclude che anche in presenza di shock avversi non si interromperebbe, nel medio periodo, la tendenza alla riduzione del debito, anche se la dimensione del calo sarebbe ovviamente, e considerevolmente, ridotta. 

Tali risultati sono qualitativamente in linea con le nostre analisi. Qualche mese fa, in occasione della presentazione della Relazione Annuale della Banca d’Italia, e più di recente nel suo intervento a Varenna(1), il Governatore ha discusso un esercizio di simulazione che collega la velocità della riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto a diverse ipotesi sulla crescita, sui tassi di interesse e sugli orientamenti della finanza pubblica. 

L’esercizio mostra che una significativa riduzione del debito pubblico nel medio termine è possibile. In particolare esso evidenzia l’entità dell’impegno necessario a ricondurre il rapporto al di sotto del 100 per cento in dieci anni: nell’ipotesi che la crescita reale dell’economia sia in media intorno all’1 per cento all’anno, l’inflazione si porti al 2 per cento (coerentemente con l’obiettivo della BCE), l’onere medio del debito risalga gradualmente verso i valori di prima della crisi, sarebbe necessario in prospettiva mantenere l’avanzo primario intorno al 4 per cento del PIL. 

Con un differenziale tra tasso di interesse e tasso di crescita inferiore il percorso di riduzione sarebbe più rapido; un minore avanzo primario allungherebbe invece i tempi. A titolo di esempio, il Governatore segnalava che con una crescita più alta di un punto, la soglia del 100 per cento sarebbe raggiunta due anni prima; con un avanzo primario inferiore di due punti (intorno al 2 per cento) ci vorrebbero circa sei anni in più. 

Nello scenario di base delle simulazioni della Nota, che mantiene l’avanzo costante al livello conseguito alla fine dell’orizzonte di programmazione (3,3 per cento) e adotta ipotesi macroeconomiche solo lievemente differenti dalle nostre, il rapporto tra il debito e il PIL si colloca poco al di sopra del 106 per cento nel 2028. 

Le proiezioni effettuate periodicamente dalla Commissione europea, pur avvertendo che esistono rischi per la dinamica del debito pubblico italiano nel medio termine, sugli orizzonti più lunghi non hanno finora messo in evidenza rischi significativi di sostenibilità. Come ha ricordato il Governatore della Banca d’Italia nel suo recente intervento, e come sottolinea la Nota, l’insieme delle riforme previdenziali realizzate in più di vent’anni ha migliorato in modo sostanziale sia la sostenibilità sia l’equità intergenerazionale del sistema. Tuttavia le prospettive demografiche e di crescita potenziale sono state aggiornate e risultano meno favorevoli. 

Le più recenti proiezioni dell’incidenza della spesa sul prodotto, da poco rese note dalla Ragioneria Generale dello Stato, sono, conseguentemente, più alte di quanto precedentemente prospettato. Nel dare conto di tali stime, la Nota di aggiornamento segnala che queste ultime comporterebbero un peggioramento degli indicatori di sostenibilità delle finanze pubbliche calcolati dalla Commissione europea. 

Secondo il Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e sociosanitario, pubblicato lo scorso agosto dalla Ragioneria Generale dello Stato, l’incidenza sul PIL della spesa per pensioni, oggi pari a circa il 15,5 per cento, raggiungerebbe valori di poco superiori al 18 per cento tra il 2040 e il 2045, imboccando successivamente un sentiero di costante e significativa discesa. 

Rispetto alle precedenti proiezioni della Ragioneria, la spesa risulta sensibilmente maggiore in ciascun anno del periodo considerato (la differenza tra le due serie raggiunge il valore massimo – pari a 2,7 punti percentuali del PIL – nel 2045). Il peggioramento riflette la revisione al ribasso effettuata da Eurostat delle prospettive di crescita italiane, a sua volta riconducibile a una più deludente dinamica della produttività totale dei fattori e a minori flussi migratori netti. 

Le ultime proiezioni sulla spesa pensionistica mettono in evidenza l’importanza di garantire la piena attuazione delle riforme approvate in passato, senza tornare indietro. 

* * * 

Signor Presidente, Onorevoli Senatori, Onorevoli Deputati, la ripresa continua; le prospettive della domanda, dell’occupazione, dei conti con l’estero sono favorevoli. Occorre trarre vantaggio dalle condizioni contingenti in cui ci troviamo (prodotto in crescita seppur graduale, bilancia dei pagamenti correnti in ordine, tassi di interesse molto bassi, premi al rischio moderatissimi sui mercati finanziari internazionali) per irrobustire la finanza pubblica, per ridurre visibilmente il debito, nostro perenne fattore di debolezza; per porre le basi di uno sviluppo duraturo.  

Per quanto tecnicamente sofisticati e aggiornati possano essere i nostri strumenti previsivi, non sappiamo veramente che cosa ci riserva il futuro a medio termine. I modelli analitici e le attese dei mercati ci aiutano a gettare uno sguardo verso l’orizzonte più vicino e – i primi soprattutto – a verificare con rigore la coerenza delle ipotesi e dei risultati. 

Non possiamo però indovinare i punti di svolta futuri. Non sappiamo se e quando possono cambiare le condizioni di mercato; l’esperienza della fine della “grande moderazione” ci ha insegnato che un periodo di crescita stabile e di bassi premi al rischio può interrompersi anche in modo repentino. Sappiamo tuttavia che un ciclo congiunturale favorevole non può, per sua natura, durare indefinitamente; né lo può l’attuale politica monetaria straordinariamente accomodante. 

Sappiamo che condizioni strutturali più robuste consentono all’economia di affrontare meglio i momenti avversi, di sfruttare meglio quelli favorevoli. L’equilibrio prospettico della finanza pubblica è uno degli elementi, e non dei meno importanti, di questa robustezza.  La politica di bilancio si deve muovere lungo un “sentiero stretto” tra l’esigenza di non soffocare la ripresa congiunturale e l’imperativo di ridurre il debito; lo ha più volte ricordato anche il Ministro dell’Economia e delle finanze. In questo momento il sentiero, pur sempre arduo, è un po’ meno angusto che in passato, grazie alle favorevoli condizioni della congiuntura e dei mercati.  

Il  DEF programmava per il 2018 un cambiamento di segno della politica di bilancio, che – anche secondo le più recenti valutazioni della Commissione europea – nei precedenti quattro anni è stata espansiva. La Nota conferma in prospettiva il passaggio a un orientamento restrittivo, pur facendolo slittare agli anni successivi. La significativa riduzione del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto nel medio termine è alla nostra portata; lo mostrano tanto le nostre analisi quanto quelle del Governo. 

Avanzi primari più contenuti possono dare benefici temporanei alla crescita, ma di norma si accompagnano a una più lenta riduzione del debito; espongono quindi più a lungo il paese alla volatilità dei mercati; rischiano di compromettere la crescita futura.  Nell’attuale situazione congiunturale avanzi primari lievemente inferiori a quelli programmati in aprile possono essere gestibili, a patto che gli interventi necessari a conseguire gli obiettivi di medio termine siano definiti chiaramente e attuati senza alcuna incertezza. 

È il minimo indispensabile. La credibilità dell’impegno ad assicurare finanze pubbliche in ordine è condizione necessaria affinché un graduale ritorno alla normalità delle condizioni monetarie e finanziarie nell’area dell’euro non implichi un aumento del differenziale tra costo del debito e crescita dell’economia, che a sua volta si tradurrebbe   – come un circolo vizioso – in un peggioramento della dinamica del debito. 

 

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(1) Sviluppo dell’economia e stabilità finanziaria: il vincolo del debito pubblico, intervento del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco al 63° Convegno di Studi Amministrativi, Varenna, 21 settembre 2017.

* estratto dall’audizione presso le Commissioni riunite di Camera e Senato sul DEF, 03/10/2017

**Vice Direttore Generale della Banca d’Italia  

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