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No a scorciatoie. Intervista a Marco Bentivogli

Da leader del Pd, Matteo Renzi, a quello della Lega, Matteo Salvini: il salario minimo è tra le proposte più gettonate della campagna elettorale. Lei che ne pensa?

«Che prima di parlare di salari, bisognerebbe parlare di produttività: la vera leva per aumentare i salari. Per ora — risponde Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl -—sento solo proposte confusionarie e che non tengono conto della situazione del Paese, dove l’85% dei lavoratori sono tutelati da contrattazione collettiva, che garantisce un sistema di minimi retributivi nazionali molto più esteso ed efficace della copertura garantita dai minimi salariali legali previsti negli altri Paesi. In un momento in cui è in corso una trattativa confederale sul modello contrattuale bisognerebbe dare forza e spazio a questa piuttosto che lanciare proposte strampalate». 

Ma fuori dai contratti ci sono i lavoratori più deboli, giovani e precari. Qui potrebbe servire il salario minimo? 

«Nei settori residuali dove non arriva il contratto può avere senso un salario minimo legale per combattere le paghe da fame, insieme al ripristino delle ispezioni». 

10 euro come dice Renzi? 

«Mi sembra improbabile parlare di 10 euro quando in Germania è di 8,5 e da noi il contratto dei metalmeccanici al terzo livello prevede poco più di 8 euro. Se, invece, questa proposta mira a smontare la contrattazione collettiva e il ruolo del sindacato creando un dumping al ribasso dei minimi contrattuali, faremo un’opposizione durissima». 

Anche ora c’è dumping salariale, a causa dei contratti pirata siglati da sigle non rappresentative. 

«Per questo è importante il negoziato confederale sulla contrattazione: tra i suoi punti c’è la rappresentanza, non solo sindacale, ma in particolare datoriale, la cui mancata certificazione è la causa della proliferazione dei contratti». 

Sindacati e Confindustria hanno fatto un accordo sulla rappresentanza 4 anni fa, ma non ha funzionato. 

«Ora è importante che il nuovo accordo sia poi recepito da una cornice legislativa non invasiva ma che renda vincolate la misurazione della rappresentanza». 

Il salario minimo era previsto in un punto della delega del Jobs act non attuato. 

«Sì, ma lo si prevedeva appunto solo per i settori non coperti da contrattazione. Sarebbe utile che Renzi tornasse su quella impostazione, l’unica efficace. L’esperienza tedesca dice che introduzione del minimo a 8,5 euro ha contrastato le paghe da fame dei mini job, ma è avvenuta in parallelo con un crollo dei lavoratori coperti dalla contrattazione, passati dall’85 al 30%». 

Se i partiti vogliono il minimo per legge, forse c’è una questione salariale.

«Vedo piuttosto una classe politica che tocca il tema lavoro ricorrendo alla sloganistica. Del salario minimo si è fatta una bandiera ideologica. L’occupazione e il livello dei salari sono garantiti dalla produttività non il contrario. Mi auguro che il prosieguo della campagna elettorale sia un po’ più profondo e concreto su temi così importanti».

*Corriere della sera 12 gennaio 2018

 

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