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Politica fiscale quando il saggio di interesse è basso

La politica fiscale in un mondo con saggi di interesse molto bassi è un oggetto di studio assai interessante. Infatti un saggio di interesse molto basso diminuisce fortemente la principale obiezione ai deficit pubblici, che consiste nel fatto che essi causano un incremento nei saggi di interesse, e in questo modo spiazzano gli investimenti privati e fanno crescere drammaticamente il costo di un debito pubblico rilevante.

  Noi dobbiamo solo rendere strutturale questa situazione congiunturale, attraverso un prelievo sui saggi di interesse vicino al 100%, ove questi dovessero rialzarsi. Dobbiamo spiegare questi fatti teoricamente, rimembrando in primo luogo che Keynes stesso aveva posto la questione, all’incirca un secolo fa.

   Ciononostante la questione iniziale è empirica. Siamo preoccupati che il debito pubblico italiano superi il 130% riguardo al Pil, dopo essere cresciuto dal 116% al 129% nel periodo 2011-2013, durante il Governo Monti (IMF Fiscal Monitor, Ottobre 2019, Tabella 7, pagina 53). Inoltre tendiamo ad ignorare che, riguardo all’economia mondiale, in particolare per i paesi più ricchi, quelli del G7 e del G20, lo stesso numero del Fiscal Monitor, nella stessa tabella e pagina già indicate, segnala che il debito pubblico è stato nel 2019 attorno al 115%. Cioè il debito pubblico nel mondo è elevatissimo, ed il 2019 si colloca sul trend degli ultimi anni. Invece di trovare una spiegazione teorica per questo fatto, in Europa la tendenza attuale è pretendere di ridurre drasticamente il debito. 

   La spiegazione teorica è alquanto semplice. L’equazione fondamentale dell’equilibrio macroeconomico è la seguente:

(I–A) = (S-A) + D + B 

dove I è l’Investimento lordo; A è l’ammortamento (o deprezzamento) del capitale; S-A sono i Risparmi netti (S è il risparmio lordo, sia delle famiglie che delle imprese; A viene dedotto dai risparmi delle imprese – in quanto l’ammortamento è un risparmio); D è il Deficit Pubblico (o l’avanzo); B è l’avanzo della Bilancia dei pagamenti, o il suo Deficit. Vengono largamente ignorati i seguenti fatti: a) I-A nei paesi più avanzati sta andando necessariamente verso zero, poiché la fase industriale dello sviluppo è pressoché finita e la popolazione è stabile (dunque l’investimento privato in case e infrastrutture non cresce); b) il surplus B è di necessità bilanciato da deficit in qualche altro paese (gli Usa sono il maggior paese in deficit strutturale, che bilancia avanzi strutturali di Cina, Germania, e paesi petroliferi); c) se il surplus B della Bilancia dei pagamenti è quasi zero, come dovrebbe essere in un mercato internazionale dei capitali ordinato, e S-A è positivo, come lo è in quasi tutti i paesi, ci sono solo due alternative, che non si escludono l’una con l’altra: c1) sono previsti i deficit pubblici; c2) vengono prese misure per ridurre i risparmi S. Altrimenti si sviluppa una crisi economica, e la disoccupazione aumenta drammaticamente.

     La misura c1), cioè permettere il deficit, deve essere accompagnata da misure strutturali che rendano il saggio di interesse tendenzialmente uguale a zero, altrimenti gli interessi sul debito pubblico esplodono. Ciò che occorre è un prelievo strutturale su tutti gli interessi vicino al 100%. 

  La misura c2 può essere implementata solo riducendo le rendite, iniziando dalla componente industriale. Tuttavia in pratica essa è semplice da attuare, essendo necessaria una definizione internazionale di un’aliquota elevata sugli extra-profitti, che obbediscano a regole di determinazione internazionali. E’ già largamente così, salvo la determinazione internazionale dell’aliquota. Anzi oggi il fisco che dà gettito in una nazione è scandalosamente fondato su una base imponibile che è internazionale (worlwide, così è definita la base Irpef)! L’unica alternativa è la moneta gettata dagli elicotteri, per sostenere i consumi.  

   Sia le misure c1) e c2) abbisognano di un corpo politico internazionale. Come punto di partenza può essere utile il G20. Se non cominciamo a discutere questi problemi, il mondo è destinato a soffrire di crisi sempre maggiori.

   Riguardo all’Italia, una sensibilizzazione importante può venire se: 

  1. la Banca d’Italia, seguendo il Governo, opta per una politica di deficit al limite del 3% (la proposta è contenuta nel libro di Matteo Renzi, Avanti, Capitolo 3, Feltrinelli, 2017); 
  2. a livello internazionale, al G7, l’Italia presenta un piano con un deficit pubblico sul 4% e con un’imposta patrimoniale “legata”, nel senso che scatterebbe solo ove i rendimenti del capitale tornino positivi. L’impatto sarebbe duplice. Si porrebbe un problema generale, che riguarda tutto il G20; risulterebbe, dalla differenza delle due proposte, il fatto che Maastricht, che pure rispetteremmo, non ci soddisfa. Sarebbe altresì sottolineato che il vero problema è oggi quello Keynesiano, ovvero un eccesso di risparmio. La patrimoniale va cioè liberata dai vincoli ideologici, restituendola ad una necessità, quella di contrastare la propensione al risparmio. Questa è la formulazione che accompagnerebbe la proposta di tassare gli interessi al 100% e di un prelievo internazionale sugli extra-profitti.

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