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Ecosistema della formazione per l’integrazione dei saperi

La condizione, che in alcun modo può essere evasa dalla società per partecipare alla formazione del futuro (prossimo e lontano), è agire nella cultura della conoscenza con la consapevolezza degli attuali processi a servizio del conoscere e del formare, collocando in rete conoscenza e formazione e partecipando così alle nuove forme del rapporto spazio-tempore dei saperi e dell’operare.

È nella strutturazione di questa relazione che la complessità delle conoscenze, funzionali alla costruzione dello sviluppo, si lega alla specificità e identità dei territori traducendo in sistema ciò che è realizzato come sviluppo locale.

La condizione del sapere, in una società che si fonda sulla conoscenza, non può prescindere dalla partecipazione e dalla riproducibilità formativa legata all’insieme delle conoscenze e delle tecnologie verificate sulle buone pratiche.

In una società interconnessa e iper-complessa, l’elaborazione e il trattamento delle conoscenze e delle informazioni sono ormai divenuti le risorse principali. Il processo sociale del conoscere e di condivisione della conoscenza è legato all’opportunità di connessione e di trasmissione dei dati. 

La tecnologia, i social networks e, più in generale, la digitalizzazione della società, deve produrre un cambio di modelli, creando le condizioni strutturali per l’interdipendenza e l’efficienza dei sistemi e delle organizzazioni con l’intensificazione dei flussi immateriali tra gli attori sociali. Gli stessi tuttora non sono in grado di garantire reti d’interazione per la riproduzione di relazioni, fino in fondo formative, basate su rapporti di reale condivisione.

La “Rete”, ridefinendo gli spazi del sapere, può e deve creare un nuovo ecosistema della formazione partendo dalla complessità, dal pensiero critico, dalla visione sistemica, congiungendoli all’ecosistema comunicativo e sociale.

Per la ridefinizione dei concetti di conoscenza e saperi, è necessario rivedere profondamente gli statuti delle discipline nate con gli statuti forti dell’ottocento e del novecento, costruite sui valori puntuali dell’analisi della realtà e disattenti ai valori sistemici dei processi.  Per questo ogni disciplina, trattando un solo segmento conoscitivo, sa e deve sapere che questo segmento confluisce in un sistema complesso. È questo rapporto tra segmento e complessità che va conosciuto nel suo intero, sia nel dettato disciplinare sia in quello sistemico. Se auspichiamo un mondo misurato sulla qualità e non sulla crescita, dobbiamo far in modo che ogni conoscenza specifica e puntuale sia trattata e usata con il criterio olistico della valutazione complessa, sistemica ed ecosistemica. Sono troppe le azioni compiute dagli individui con conoscenze generiche, finalizzate ad alcuni benefici immediati e disinteressate delle conseguenze sistemiche che avranno.

Nel nostro campo d’azione i concetti di sviluppo e trasformazione vanno dimensionati su tutti i valori fisici ed economici, biotici e abiotici, strutturali e ambientali capaci di garantire il benessere umano; quando la qualità ambientale viene compromessa, allora occorre proporre opere necessarie a mutare processi di degrado, coniugati con processi di resilienza. Il nostro ultimo modello di crescita ha portato alla crisi attuale: distruzione di paesaggi naturali e ambientali; depauperamento delle risorse; sfilacciamento dell’urbanizzato; totale disinteresse dei territori dell’agricoltura e conseguente impoverimento dell’ambiente.

Se vogliamo pensare allo sviluppo come sintesi armonica tra crescita economica, qualità degli elementi e delle relazioni, ricerca dell’equilibrio del sistema, lo dobbiamo pensare come figlio della cultura, della conoscenza e quindi non può che avere come primo riferimento le università e le istituzioni preposte alla formazione.

Come è stato detto nelle riunioni preparatorie a questo numero, “L’università è luogo insostituibile perché è un habitat, è l’integrazione tra spazi culturali e spazi fisici; per questo con la formazione a distanza dobbiamo costruire reti tra luoghi del sapere e non tubi tra conoscitori e conoscenti”. 

Dal punto di vista scientifico-filosofico, prendiamo atto che siamo in una nuova fase e che abbiamo bisogno di nuove categorie e parole per interpretare la realtà, ripensando i fondamentali della formazione e della conoscenza in relazione diretta con la filosofia.

Bauman, pensatore aperto e dialogico, non ha avuto difficoltà ad ammettere il tratto della sua idea di società liquida, sostenendo che il carattere di questa contemporaneità (sociale e politica) è liquido, quasi inafferrabile, sempre cangiante, sfuggente ad ogni rappresentazione del secolo scorso.

Le dinamiche della globalizzazione, del consumismo e la fine del secolo delle ideologie hanno determinato un disorientamento dell’individuo senza più punti di riferimento solidi e certi e quindi vago e in solitudine: la «solitudine del cittadino globale», come lui stesso ha avuto modo di ripetere nelle sue opere più famose.

Serve percorrere itinerari inesplorati per fondare una moderna etica e un nuovo senso, in un mondo dominato dalla paura, dalle incertezze, da avvenimenti sempre imprevedibili e inattesi. In pochissimi anni la crisi globale, l’uso delle risorse distaccato dagli effetti sul futuro, i drammatici effetti sociali e ambientali hanno fatto maturare una nuova consapevolezza dei valori umani ed economici che spinge a cambiare gli obiettivi strategici e spaziali dell’organizzazione dei saperi.

Queste profonde trasformazioni rappresentano il presupposto essenziale per la ridefinizione dei paradigmi. Si tratta di avviare processi culturali che chiedano all’ ”intelligenza scientifica” di essere nuovamente protagonista e capace di promuovere la ridefinizione degli statuti disciplinari, dei campi di ricerca e dei percorsi formativi.

In un mondo che muta, che chiede costantemente nuovi lavori, garantire la formazione costante,con una continua ri-formazione è fondamentalecome è fondamentale l’integrazione tra campi disciplinari. Restano dominanti i temi dell’ecologia, della sostenibilità, dei valori qualitativi, delle politiche a-spaziali così come i temi sull’energia, la creatività, le smart cities, la coesione sociale, la comunicazione.

L’integrazione dei saperi è l’obiettivo a cui tendere.

Se consideriamo lo sviluppo come sintesi armonica tra crescita, qualità ed equilibrio di sistemi ed ecosistemi, allora esso diventa figlio della cultura e della conoscenza. Perché non studiarlo, ricercarlo e progettarlo in una rete di università e istituti di ricerca anche in dialogo con i centri studi imprenditoriali, ecc.? 

Per questo non servono solo corsi professionalizzanti, occorre riproporre la formazione legata alla filosofia dello sviluppo e del lavoro, in cui l’università deve essere scuola di formazione connessa alle esigenze del mercato del lavoro, impegnata nella ricerca e nella didattica anche ri-professionalizzante. 

Bisogna pensare in termini di efficienza ed efficacia attribuendo all’università la sua vera missione di produzione e diffusione della qualità del sapere relazionato alla costruzione dei percorsi e dei processi per e della conoscenza che non abbiano più i confini geografici come limite, e che adottino l’organizzazione per temi e argomenti.

Logica e filosofia vanno praticate fin dall’inizio contestualmente all’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione e del navigare nel campo dell’attuale modernizzazione digitale. Non basta essere connessi, occorre essere criticamente maturi e informati e non soltanto di tecniche digitali.

Non si possono spiegare princìpi come sviluppo, innovazione tecnologica e altro, in discontinuità con il passato, se non si accetta una re-interpretazione del processo del conoscere rivalorizzando la cultura, invalidata nella progressiva crisi dei saperi, del depauperamento delle risorse, dell’abbandono scolastico, dell’impoverimento dell’ambiente. 

Spetta a tutti gli operatori della società facilitare e sostenere la costruzione del nuovo processo formativo nella direzione (come sosteneva Montaigne) della testa ben fatta e verso un nuovo umanesimo e con gli strumenti che la digitalizzazione ci offre. 

La consapevolezza della conoscenza è legata alla coscienza e si avvale dell’intelligenza artificiale, del linguaggio e dei nuovi strumenti dell’informatica. Anche il nostro codice della vita è lo strumento in mano al nostro organismo che lo usa per condurre la propria vita; chi ha l’informazione è l’organismo intero e non il DNA.

Le trasformazioni, inclusive ovviamente dei termini crescita e sviluppo, eseguite senza scienza e coscienza degli equilibri che si generano e di quelli futuri che si formeranno, servono solo per creare una crescita presunta, assoggettata alla politica e a garanzia del potere economico.

Lo sviluppo sostenibile è il fondamento della riproducibilità del capitale naturale e il presupposto dello sviluppo economico e umano. In questa prospettiva diviene centrale la possibilità di un‘azione di governance in grado di affrontare in maniera integrata il tema della trasmissione dei saperi o se vogliamo della formazione, accompagnando processi e azioni di sviluppo locale.

Se siamo in grado di far partecipare allo sviluppo tutti i soggetti interessati, sicuramente possiamo procedere nella molteplicità di accesso alla socializzazione della conoscenza, alla virtualizzazione dei processi di apprendimento e all‘estensione del sistema di rete.

Chi meglio quindi dei processi di formazione legati alla rete e alla formazione a distanza sono in grado di legare la realtà da formare con i luoghi in cui sono presenti le conoscenze?

Nella fase attuale il futuro può appartenere con più facilità alla cooperazione scientifica e territoriale, all’integrazione e alla multiculturalità, restando distante dalla globalizzazione come fino ad oggi praticata. 

Costruire la rete dei luoghi dell’istruzione significa riformulare all’interno delle Università, degli enti e istituti, sia la ricerca sia la valorizzazione e integrazione della tecnologia per offrire un nuovo schema alla formazione e nuove opportunità all’estensione della formazione e della ri-formazione.

Alcune dimostrazioni di successo di questo corto circuito tra luoghi del sapere, impiego delle tecnologie e nuovo rapporto in rete tra formatori e formati, potrebbero validare gli assunti di partenza e dare tracce metodologiche anche per la gestione dei fondi europei da parte di tutti gli attori in campo.

L’errore più grande è quello di pensare la formazione a distanza come una semplice capacità sottrattiva dei tempi di mobilità.

Sviluppare un sistema di e.learning richiede l’integrazione fra investimenti in tecnologie, competenze formative e organizzative volte a costruire percorsi di conoscenza multidisciplinari e interdisciplinari costruiti su relazioni nazionali e internazionali.

Mettere in rete cultura, conoscenza e formazione, significa creare nuove relazioni spazio-temporali in un nuovo rapporto tra luoghi di azioni e insieme di conoscenze (teoriche e di buone pratiche).

In questi nuovi rapporti l’insieme delle conoscenze si dimostra utile per formare saperi locali e nel contempo per riaccogliere, come verifica e buone pratiche, ciò che è stato realizzato nello sviluppo locale.

Ormai la sfida per questa nuova democrazia cognitiva è accentuata da internet che ha formato una sorta di gigantesco sistema neuro-cerebrale e semi-artificiale.

La complessità si configura nell’intrigo formato dalle connessioni tra mente e linguaggi, cultura e realtà, ecologia e filosofia, storia e psicologia, geografia e cosmologia, congiuntamente allo sviluppo della tecno-scienza e dall’ecosistema della società dell’informazione. È indispensabile raccogliere e verificare i dati disponibili che, per non essere troppi, devono essere messi in correlazione esplicita fra loro per diventare strumenti di conoscenza e di governo.

Nella circolazione dei dati, si parla solo in termini di quantità e non di qualità. La sovrabbondanza dell’informazione non favorisce sempre la conoscenza, spesso la ostacola soprattutto quando non è filtrata da solide basi selettive capaci di valutare ed esaminare con coscienza critica dati e certezze assiomaticamente promulgate.

La grande muraglia dei dati può diventare così una diga insormontabile.

La responsabilità per avviare processi partecipati e responsabili di conoscenza sta nel produrre conoscenza strutturata e tradurla in formazione. Dobbiamo identificare le strategie e le buone pratiche in un ecosistema della formazione che riassuma la propria centralità rispetto alla conoscenza, alla complementarietà dei saperi, al sistema di Reti.

Quali sono i rischi e quali le opportunità del complesso mutamento in atto?

Ad oggi l’accesso alle informazioni fanno della società interconnessa un ecosistema aperto che le reti configurano però come chiuso (non permettono l’accesso esterno).

E’ un argomento che riguarda molto da vicino non solo la veridicità, l’attendibilità e la qualità delle informazioni e delle conoscenze disponibili on line, ma anche la complementarietà dei saperi e la costruzione della conoscenza scientifica.

In altre parole, la progressiva possibilità d’intercettazione di saperi e conoscenze va annotata come un fatto fondativo per la società della conoscenza anche se ad oggi presenta risvolti critici e contraddittori.

La complementarietà dei saperi scientifici e di quelli umanistici, diffusi in nome della democratizzazione della conoscenza, in qualche modo limitano e condizionano i campi della formazione, della generazione delle idee e, forse, degli stessi processi del conoscere.

È indispensabile non solo raccogliere i dati disponibili ma verificarli e metterli in correlazioneesplicita facendone strumento di conoscenza e di governo. 

La responsabilità dei processi sta nel sistema della conoscenza, nella sua produzione e divulgazione. In presenza di questo serbatoio immenso che è internet dobbiamo imparare a produrre conoscenza per tradurla in informazione e comunicazione.

La multidisciplinarietà, la trans-disciplinarietà e trans-scalarità delle politiche ambientali rappresentano un “bene comune” e sono espressioni di un disegno unitario del quadro conoscitivo. Se da una parte assistiamo all’allargamento delle opportunità per attraversare l’universo delle informazioni, dall’altra dobbiamo registrare una compromessa qualità della divulgazione sempre più finalizzata a semplificare argomenti che sono significativamente complessi.

È ovvio che tutto ciò interessa anche l’università, ad oggi spesso considerata un sistema chiuso. Le strategie della crescita devono essere gestite secondo una logica unitaria che deve puntare a esigenze attuali e concrete dello sviluppo umano. Occorre mantenere una pianificazione coerente con la visione di sviluppo e degli obiettivi di crescita nell’ottica della valorizzazione di interi territori.

Generare più creatività e quindi innovazione e sviluppo sociale (ed economico) significa favorire le interrelazioni e lo scambio di idee dando centralità alla qualità dei luoghi.

Sempre più le realtà territoriali s’intrecciano con quelle delle aree vaste. Occorre dunque perseguire nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile su cui far convergere l’azione di soggetti che operano nell’utilizzo e trasformazione dei territori, secondo principi di sussidiarietà e cooperazione istituzionale formativa e progettuale. 

Oggi esiste una grande opportunità da cogliere, la partecipazione reale del territorio, con obiettivi il più possibile comuni di sinergia delle azioni e della formazione.

E’ auspicabile una visione strategica orientata a realizzare sistemi d’insegnamento e formazione aperti e ospitali, innovativi e collaborativi, caratterizzati da una buona qualità della circolazione delle idee e della formazione, da una pluralità di fonti e di accessi, da collegi di docenza e di discienza aperti alle aree problematiche nella contiguità scientifica e non geografica.

Resta la necessità di rendere i territori dei saperi un laboratorio di processi di conoscenza, di imprenditorialità e d’innovazione a sostegno, anche con l’ausilio della formazione a distanza, della formazione di smart area rivolta all’imprenditoria giovanile capace di aumentare l’attrattività stessa dei territori, l’incremento delle dotazioni infrastrutturali, il miglior utilizzo dei fondi europei, l’efficientamento dell’apparato burocratico e la miglior capacità di soddisfare i bisogni delle comunità.

In tale ottica, la Commissione Europea con la Politica di Coesione ha supportato e promosso strategie integrate per intensificare lo sviluppo urbano sostenibile.

Bisogna favorire un cambiamento della governance, accentuando la partecipazione degli stakeholder e garantendo una sinergia continua tra pubblico e privato, coinvolgendo cittadini, imprese, mondo associativo e sistema universitario. 

Tutto questo è possibile utilizzando sistemi formativi e informativi che prescindendo dal luogo di residenza entrano nel processo formativo come portatori e produttori di conoscenza.

I futuri assetti territoriali locali e globali devono essere lo spunto per iniziare a ripensare in maniera strategica la formazione del sapere e dell’operare; non è un problema solo di pianificazione ma di filosofia, non è solo un dilemma di governance, ma di condivisione.

Lo sviluppo delle imprese è profondamente legato al livello di ricerca che le Università sono in grado di produrre; l’innovazione è il risultato di un grande investimento sulle giovani generazioni, sulle start-up, sulla creatività, sulle reti di connessioni e la velocità dell’accesso all’informazione. Per questo siamo convinti che produrre un sistema di formazione legato ai temi e non ai luoghi fisici di residenza permetta di poter accedere alle migliori conoscenze specifiche e all’analisi delle migliori pratiche come esercizio di verifica progettuale. 

È necessario agire nel mare magnum dei dati disponibili, sovrapporre alle mappe statiche tradizionali quelle digitali, della lettura dinamica dei suoli, delle informazioni climatiche, delle fragilità ambientali, dell‘andamento dei trasporti, in modo da comprendere l’invisibile e l’immateriale, le relazioni umane e quelle sociali.

Tutto ciò ci permetterà di affrontare le nuove sfide della complessità e capire che il risultato si trova nella capacità di connessione delle reti e del fare sistema per individuare le parti e l’intero, nella coscienza critica che ogni azione è importante se pensata strategicamente in una grande visione d’insieme.

 

architetto; docente a contratto alle Università la Sapienza di Roma e Mediterranea di Reggio Calabria

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