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Il Caregiver familiare merita di uscire dalla clandestinita’

Il movimento per il riconoscimento del caregiver familiare (1) ha fatto un passo avanti importante: si è avvicinato formalmente all’iter parlamentare nazionale con la presentazione di due proposte di legge(2), dopo un percorso di approfondimento(3) e normazione regionale,approvata o avviata. (4)

Per una definizione

Caregiver, termine che ripropone le solite questioni di esterofilia/fobia, è ormai acquisito diffusamente. Di che si tratta: secondo l’organizzazione europea EUROCARERS il caregiver familiare è “una persona non retribuita che, in veste non professionale, si prende cura di un familiare, un amico, un vicino di casa che – in quanto malato, fragile o disabile – ha necessità di aiuto”.(5)

Una più ampia descrizione è desumibile dalla Carta europea del caregiver familiare elaborata dalla Confederazione delle organizzazioni di famiglie con persone disabili dell’Unione europea. Introduce infatti alcuni aspetti quali: l’aiuto in via continuativa che può essere prodigato in modo più o meno continuo; direttamente o con il supporto di terzi; può assumere varie forme, in particolare: cure infermieristiche, cure sanitarie, cure personali, accompagnamento all’educazione e alla socializzazione, pratiche amministrative, coordinazione, vigilanza continua, sostegno psicologico, comunicazione, attività domestiche, ecc.

Importanti contributi alla definizione sono avvenuti in sede di approfondimento tecnico (6)

 

Alcuni dati

Il caregiver familiare è collegato ad un fabbisogno diffuso. Complementare, ma in maniera “riparativa”,  a quanto si è sviluppato sul terreno del lavoro di assistenza domiciliare, di cura o di collaborazione domestica. 

Rientrando nell’area di analisi dei servizi alla persona e alla famiglia, l’Istituto Nazionale di Statistica(7) ha stimato in oltre 3.329.000 le persone che, nel contesto familiare, si prendono cura regolarmente di adulti anziani, di malati e di persone disabili. Si tratta prevalentemente di donne, con famiglia e figli, di età compresa tra 45 e 55anni che, per dare cura, spesso sono costrette a lasciare il lavoro.

Per il CENSIS nel 2015 in Italia più di 3 milioni, pari al 5,5 per cento della popolazione, sono le persone che soffrono di difficoltà funzionali gravi (l’80 per cento sono anziani). Tra queste, 1,4 milioni sono “confinate” all’interno della propria abitazione e bisognose di cure diurne e notturne.

Con l’allungamento della vita media, le previsioni evidenziano che continuerà a crescere la disabilità (attività vitali che subiscono restrizioni a causa di limitazioni funzionali) e la conseguente domanda di cure e di assistenza.

Sempre il CENSIS ha approfondito il rapporto tra malati cronici e non autosufficienti in vari aspetti mettendo in evidenza il fabbisogno di assistenza, i costi, il contributo delle famiglie, l’apporto dei caregiver familiari, compresi i giovani che devono farsi carico dei genitori, ma anche le condizioni di carico di lavoro, di stress e di invecchiamento degli stessi caregiver.(8)

In ambito europeo, si stima che i caregiver familiari che assolvono con continuità compiti di cura siano oltre 16 milioni.

Si stima che il caregiver familiare svolga mediamente 7 ore al giorno di assistenza diretta e 11 ore di sorveglianza, per una media di 8-10 anni nel caso dipersone anziane dipendenti e per tutta la vita nel caso di disabilità congenita.

La funzione svolta dal caregiver familiare ha forti impatti emotivi, relazionali, lavorativi (il 66 per cento dei caregiver ha dovuto lasciare il lavoro), di salute (le persone che prestano cura per più di 50 ore alla settimana hanno, rispetto ai coetanei, il doppio di probabilità di avere problemi di salute) ed economici (perdita del reddito derivante da lavoro, spese sanitarie e assistenziali, eccetera).(9)

La diffusione del caregiver familiare si registra in tutta Europa (10) . Ma il connotato della sua attività dipende dai contesti di welfare dei singoli Paesi. La Svezia ha un orientamento di assistenza a lungo termine fornito e finanziato dallo Stato e il basso numero di caregiver è variamente supportato. Italia il caregiver è poco sostenuto dallo Stato che, di fatto, fa grande affidamento su queste figure. In Estonia la costituzione prevede addirittura il dovere dei figli di prendersi cura dei genitori non più autosufficienti.  La valutazione, in ambienti EUROCARERS, è che “il costo dell’inazione è maggiore del costo dell’intervento. Gli Stati che non mettono in atto reti di sostegno avranno costi maggiori legati all’impatto negativo dell’abbandono del mercato del lavoro da parte dei caregiver e costi sociali per l’impatto di questo impegno sulla loro salute”. (11)

La sintesi riassuntiva della situazione dei caregiver in Italia è stata ben rappresentata dalla relazione di Loredana  Ligabue.(12)

 

Le proposte di regolamentazione

Vi è in atto un percorso regionale rispetto al riconoscimento dei caregiver che comunque spinge per una regolamentazione nazionale. Definita è la normativa della Regione Emilia Romagna che ha avuto il merito di rappresentare un punto di riferimento per altre regioni (Abruzzo, Sardegna, ad esempio) che hanno in corso una specifica attività di legiferazione. 

Riportiamo i tratti significativi dei due progetti di legge nazionale.

Fissate le finalità generali della norma, viene affrontata la definizione giuridica del caregiver familiare come persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prende cura di una persona cara in condizioni di non autosufficienza o comunque di necessità di ausilio di lunga durata, attraverso  attività definite.

Il  caregiver familiare è  riconosciuto da parte dei servizi territoriali nell’ambito del piano assistenziale individuale.

Sono fornite indicazioni alle Regioni e Province autonome allo scopo di valorizzarne e sostenerne il ruolo di cura. In particolare un’informazione:  sui bisogni assistenziali e le cure necessarie, sui criteri di accesso alle prestazioni sociali, socio-sanitarie e sanitarie, sulle opportunità formative. Viene prevista l’attività di sostegno (supporto psicologico, reti solidali e gruppidi mutuo aiuto) finalizzata a evitare l’isolamento e il rischio patologico, rischi per i soggetti che esercitano attività continuativa di cura domiciliare. Viene disciplinato il riconoscimento delle competenze maturate dal caregiver familiare attraverso il lavoro di cura della persona cara. L’esperienza maturata potrà essere valutata dalle regioni per la formalizzazione e la certificazione delle competenze. 

Nel caso di caregiver familiari inseriti in percorsi scolastici, il riconoscimento delle competenze contribuisce a formare i crediti formativi per attività extra scolastiche. Sono estesi ai caregiver familiari assunti con ogni forma di contratto di lavoro subordinato o parasubordinato i permessi della legge n. 104 del 1992 e sono incentivati: maggiore flessibilità oraria,  sviluppo di servizi di welfare aziendale o interaziendale e istituzione di un fondo ferie solidale a sostegno della conciliazione tra l’attività lavorativa e quella di cura e assistenza. E’ prevista anche la promozione di accordi con compagnie assicurative per polizze stipulate dai caregiver nell’ambito del piano di assistenza individuale e la possibilità di una detrazione o un credito d’imposta.

Infine, si ritengono necessarie azioni di sensibilizzazione sul valore sociale come  l’istituzione della Giornata nazionale del caregiver familiare. All’ISTAT è affidato il compito di indagini multiscopo mirate ad approfondire aspetti qualitativi rilevanti ai fini dell’adeguamento delle politiche.

Oneri indicati: 15 milioni di euro annui per 2016, 2017 e 2018 coperti dal fondo speciale nell’ambito del programma« Fondi di riserva e speciali ».

 

Osservazioni

Le proposte di legge corrispondono ad un bisogno diffuso. Ciò è innegabile.

La qualità delle proposte ha un impianto generale che, facendo i conti con gli assetti istituzionali attuali, tende a costruire e qualificare un sottosistema dedicato. I punti di forza sono quelli di sviluppare, nel campo dell’assistenza, il ruolo di soggetti in gran parte già impegnati e che, attualmente, non sono nelle condizione di svolgere appieno tutte le potenzialità, sia nello specifico campo dell’assistenza integrata, sia più ampiamente nello sviluppo e qualificazione professionale.

Una prima barriera, quantitativa e qualitativa, è quella del sistema di incentivazioni. Come per tutta l’area dei servizi alla persona vanno incoraggiate misure di fiscalizzazione. Troppo limitati sono i sostegni economici per destinatari e per attività attualmente previsti, pur essendo ormai prevalente la consapevolezza che un impegno finanziario nell’area dei servizi alla persona ha effetti interessanti nello sviluppo e qualificazione occupazionale e nella politica di contrasto al lavoro non dichiarato, con i noti effetti  di ritorno contributivo. Pensiamo inoltre – senza pregiudicare i diritti soggettivi sottostanti e la natura di supporto al funzionamento –   la collocazione dell’indennità di accompagnamento in una politica di regolarizzazione e qualificazione dell’assistenza domiciliare privata. Compreso il sostegno e la qualificazione dei caregiver familiari.

Tra questi aspetti sono da annoverare quelli relativi al rapporto con le misure, – previste ma ancora non attuate -del welfare aziendale. L’ottica non può essere rivolta solo alle imprese ma anche alle ricadute su lavoratrici lavoratori e sul welfare familiare e locale. Va inoltre approfondita la tematica dell’integrazione tra voucher – di cui si sta avviando l’applicazione – caregiver familiari, lavoro agile prossimo venturo. 

Altre questioni si configurano sul versante delle differenti ricadute territoriali degli interventi tra Nord, Centro e Sud: non solo il differenziale oggi esistente nella diffusione del caregiving familiare, ma quello della capacità del sistema dei servizi territoriali integrati socio sanitaridi nel saper valorizzare quest’apporto di risorse umane. Già si sono elevate voci da parte dei comuni in merito alla sostenibilità  per i servizi delle politiche di contrasto alla povertà (13) ( e le politiche relative ai servizi alla persona  non sono indifferenti rispetto alla stessa sperimentazione in atto del Sostegno Inclusione Attiva). Qualche analogia potrà essere evocata nelle politiche integrate dei servizi senza un sostegno all’individuazione e attuazione di livelli minimi di assistenza. 

Spezzoni di politiche e di trasferimenti non inseriti in una logica di sistema non sempre raggiungono risultati soddisfacenti. Ma occorre procedere anche nella gestione di questioni non coerentemente affrontate e risolte. Ma spostate in avanti.

 

note

 (1)Citiamo alcunimanifesti per il riconoscimento giuridico dei caregiver: EUROCARES, COFACE, Cartello Organizzazioni sanitarievarie

 (2)Due sono le proposte di legge di analogo contenuto: una presentata alla Camera, primo firmatario Patriarca (A.C. 3527) , l’altra al Senato, primo firmatario Angioni (A.S.2266)

 (3)Il profilo è stato oggetto di un gruppo di lavoro nazionale ministeri, regioni, terzo settore, esperti. 

 (4)Le due proposte di legge e lo stato dei lavori a livello regionale sono stati presentati nel corso del Convegno”Riconoscimento di ruolo e valorizzazione del caregiver familiare”, il 31 marzo 2016.

 (5)Il contributo EUROCARERS al convegno citato è stato esposto da Francesca Centola.

 (6)Vedi nota relativa al gruppo di lavoro nazionale

(7)Vedi http://www.istat.it/it/archivio/36071

 

 (8)Vedi http://www.caregiverfamiliare.it/?p=1116%202/8.   Maria Concetta Vaccaro, Sintesi della condizione del caregiver nella realtà italiana da indagine Censis.

 

 (9)Vedi relazione alle proposte di legge citate.

 (10) Vedi Giovanni Lamura, Carlos Chiatti,  Definizione di Caregiver, descrizione del contesto sociale e sanitario: scenario nazionale ed europeo e descrizione del progetto UP-TECH * 

 (11)Vedi il contributo di Francesca Centola al Convegno citato.

 (12) Vedi interventoL. Ligabue al convegno citato.

 

(13) Per esempio riguardo alle “Linee guida per la predisposizione e attuazione dei progetti di presa in carico del “Sostegno per l’inclusione attiva (SIA)” elaborate dal Ministero del Lavoro e approvate in sede di Conferenza Stato Regioni Autonomie locali.

 

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