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Una sfida che si può vincere

Quando terminerò il mandato da sindaco, vorrei che venisse misurato lo sviluppo della mia città non solo rispetto al Pil, augurandomi che sia positivo, ma anche sul lato del Bes. Cioè il benessere ecosostenibile, la qualità della vita. E’ una sfida che può e deve diventare missione politica. 

La finalità è nobile: costruire un pezzo del nuovo modello di sviluppo. Ed è anche quanto ha sostenuto, con una novità significativa, un recente disegno di legge depositato in Parlamento: i parametri per le politiche economiche e sociali varate con la nuova legge di Bilancio arriveranno anche dal Bes.

 Sul tema della qualità della crescita, in questi ultimi anni, si sono spesso fronteggiate teorie non sempre realistiche. C’è chi crede che il mondo possa continuare a svilupparsi come ha fatto fino alla crisi economica del 2008, con gli stessi modelli economici e urbanistici. E chi, invece, pensa di contrapporre a quel modello di sviluppo la visione forse affascinante, ma del tutto irrealistica, rappresentata dalla decrescita felice. La prima interpretazione è stata una delle cause che ha portato alla crisi; la decrescita felice, quella che abbiamo visto in questi anni, non è sostenibile perché produce disoccupazione e aumento della povertà. 

Se non si cresce non c’è né lavoro né ridistribuzione della ricchezza. Ma se cresciamo come in passato, il rischio è che il nostro pianeta, il nostro modo di vivere, peggioreranno invece di migliorare. La terza via, caldeggiata dall’Istat, si regge appunto sulla qualità della crescita. Il paradigma tiene conto di una serie di indicatori. Che includono, tra l’altro, salute, istruzione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, relazioni sociali, sicurezza, ambiente, qualità dei servizi. 

Quando ero presidente della Provincia, Pesaro-Urbino è stata la prima realtà nazionale a sperimentare gli indicatori del benessere. Ora, con il professore  Enrico Giovannini – già ministro e presidente Istat – come vicepresidente dell’Associazione dei Comuni italiani ho siglato un appello rivolto ai candidati sindaci dei 1.368 comuni che hanno corso alle amministrative di giugno per  inserire nei programmi elettorali l’impegno a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile.  

La sfida dunque continua. E a Pesaro la stiamo portando avanti con esempi concreti. Negli ultimi due anni abbiamo aumentato dell’80 per cento il numero di abbonamenti nei teatri pesaresi: vale forse poco in termini di Pil, ma conta parecchio sul fronte della civiltà. Ancora: sul modello dell’U-Bahn berlinese abbiamo realizzato 80 chilometri di bicipolitana. Vogliamo arrivare a cento chilometri di piste ciclabili, ma Legambiente già ci definisce città della bicicletta, al primo posto  insieme a Bolzano. 

Al di là del Prodotto interno lordo, quanto incide l’investimento alle voci salute, aspettativa di vita, inquinamento mancato? Non ci sono indicatori in grado di misurarlo. Per noi, tuttavia, ha un valore enorme: è la nostra infrastruttura del benessere. Un terzo caso, a proposito di urbanistica. Non si può dire che deve sparire l’edilizia: sarebbe irrealistico. Dobbiamo invece pensare che l’edilizia non può più essere quella del passato, concentrandoci sulla trasformazione del costruito e non sul consumo di nuovo territorio. Non nascono dal caso gli incentivi per l’efficienza energetica. 

In qualsiasi città d’Italia, 9 cantieri su 10 sono di ricostruzione edilizia. Ma si può spingere ancora di più sulla consapevolezza di una nuova cultura nel settore. Quanti sono a conoscenza dei consumi energetici delle loro abitazioni? Nessuno è in grado di esprimersi, se non i tecnici. A Pesaro, invece di fare formazione su settori non più strategici, su cui non si possono creare posti di lavoro, abbiamo fatto la formazione, utilizzando i fondi europei, direttamente nelle case dei cittadini, attraverso corsi mirati, in collaborazione con l’Istituto di Bioarchitettura. Così cento famiglie hanno messo a disposizione la loro casa. E venti disoccupati, in genere geometri o architetti, hanno realizzato insieme ai formatori un check-up energetico completo sul consumo di elettrodomestici e caldaie; energia sprecata dai pavimenti e soffitti e così via. 

Dopo l’elaborazione, gratuitamente, la famiglia è stata messa al corrente delle criticità. Così come delle possibilità e degli incentivi disponibili su eventuali interventi per l’efficientamento e il risparmio energetico. Siamo già arrivati alla terza edizione del corso. Il percorso non solo forma geometri e architetti, che magari potranno trovare un posto di lavoro, ma spesso motiva le famiglie a fare investimenti  per l’ottimizzazione energetica consapevole, attraverso gli incentivi. 

Coinvolgendo appunto aziende  dell’edilizia, della termo-idraulica, dell’impiantistica, dove magari gli stessi disoccupati avranno sbocchi e opportunità. Si tratta di mettere in moto meccanismi virtuosi, verso un nuovo modello di sviluppo. Se pensiamo che la sfida sia la qualità della crescita, sono necessarie cose molto concrete all’interno di un progetto strutturale. E, al tempo stesso, abbiamo bisogno di misurare le nostre città attraverso questo tipo di indicatori. Una sfida che si può vincere.
 
 
   (*) Sindaco di Pesaro

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