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Secondo livello di contrattazione, più welfare familiare

Si è rianimato, in base a varie sollecitazioni, la riflessione su tassi di natalità in Italia. La questione rischia di essere ripetitiva, pur con qualche novità. Il recente fertility day  ha sollevato lo specifico sanitario (i). In una maniera comunicativa imbarazzante (forse volendo imitare campagne di altri stati (ii)). Così vanificando anche l’apporto di quegli aspetti formativi/informativi relativi ad una sfera, interessante ma non determinante nella stessa sequenza fertilità, fecondità, natalità. Dove intervengono aspettative, convincimenti e condizionamenti relazionali, culturali, socio economici.

Nel frattempo da parte del Ministro degli Affari regionali[iii] viene annunciato un testo unico sulla famiglia con lo scopo di rendere stabili e semplificate le misure, finora meramente sperimentali e spesso non coerenti. La posta a disposizione sul DEF è di 600 milioni per il 2017.  Prioritario è combattere la denatalità. Confermato il bonus bebé da rendere stabile. In aggiunta misure in sostegno alla gravidanza dal settimo mese[iv]. Vi è la consapevolezza di interventi multidimensionali; ma la coperta è stretta e ognuno intanto guarda il suo.

Persiste comunque l’impotenza delle scelte politiche di “accompagnamento” della condizione giovanile[v] nella transizione verso l’età adulta (transizione formazione lavoro, percorso di autonomia di reddito di inserimento e di continuità,  housing,  supporto alla natalità e alla prima infanzia,  sostegno alla conciliazione delle prestazioni lavorative con i carichi familiari durante la carriera lavorativa nella logica di parità nell’accesso e nella distribuzione del carico di lavoro della coppia). E questa impotenza può essere annoverata come una delle determinanti nel fenomeno di denatalità[vi]. Si mette in campo qualche segnale di interesse. Sbriciolato e disorganico. Spesso sperimentale, senza proiezione pluriennale o stabilità.

2.  Il contributo della contrattazione incentivata alle politiche di conciliazione e di welfare interviene, non specificamente, su un segmento della transizione verso l’età adulta: in maniera diretta in quello durante il rapporto di prestazione lavorativa.

 Le incentivazioni verso politiche a sostegno della famiglia e del welfare aziendale, le cosiddette family friendly, soffrono già delle molteplici competenze a livello centrale (trattandosi di un insieme di politiche fiscali, socio lavoristiche, produttive di competenza di vari dicasteri)  e dei diversi livelli istituzionale con le  conseguenti prestazioni estremamente differenziate su base  territoriale.  Pesa su queste tematiche l’articolazione, non del tutto definita – come per gran parte delle politiche del lavoro e socio assistenziali – degli interventi tra stato regioni e comuni. Articolazione che si trasferisce agli stessi sistemi di incentivazione della contrattazione. Si pone la necessità a riguardo, da una parte, della composizioni di governance  istituzionali multidimensionali per interventi coordinati e, dall’altra, di incoraggiare la scelta del chiarimento del rapporto tra materie esclusive e livelli istituzionali, centrali e territoriali. E, in termini di governance, qualche interlocuzione maggiore tra istituzione e forze sociali, comprese il quelle del Terzo settore.

Nello stesso tempo occorre fare la mappa dei trasferimenti monetari e degli incentivi che a vario titolo intervengono sulle stesse materie, specificandone titolarità, ammontare, beneficiari. Non sarà una sorpresa scoprire sovrapposizioni di interventi. Una revisione, non per tagliare, per ottimizzare.

3. In una fase di crisi perdurante il ruolo della contrattazione di secondo livello nella promozione del welfare locale trova spazi congeniali soltanto negli incrementi di produttività, procurando risorse che dal mercato si trasferiscono a processi innovativi nel territorio potendo contare sul supporto di agevolazioni pubbliche concorrenti in una dinamica di circolarità dal contesto lavorativo al sistema locale. Risorse pubbliche che si configurano come investimento, quindi con duplice ricaduta: sul sistema aziendale con i propri stakeholders, sistema territoriale con i soggetti collegati, familiari ma anche produttori di servizi di welfare locale.

La contrattazione di secondo livello, spingendo verso il welfare aziendale, non è esente da ambi valenze: può configurarsi come positivo (ma quanto limitato?) antidoto perequativo nei confronti della distribuzione della ricchezza interna agli stakeholders aziendali, management versus   donne / uomini lavoratori. (Un occhio a quello che sta succedendo nelle tendenze della disuguaglianza dentro il lavoro dipendente è sempre opportuno tenerlo. Il modello di contrattazione partecipativa non esclude processi dialettici tra interessi).

Resta aperta la questione (storica) della diffusione della contrattazione di secondo livello limitata: a) intanto al lavoro dipendente, perché sono fuori disoccupati e inoccupati)[vii]; -b) per la non opportunità delle materie oggetto di negoziato nelle imprese, anche medio grandi, che devono gestire processi di ristrutturazione /riconversione per la collocazione nel ciclo della crisi produttiva; c)  per la carente prassi di contrattazione nel tessuto delle piccole imprese.  La dinamica della differenza di tutele tra aree di lavoro dipendente aumenta?  Si aggiunge al divario territoriale nelle prestazione dei servizi pubblici?

4. A livello nazionale i sistemi più recenti di incentivi a sostegno della contrattazione sono presenti in alcuni provvedimenti già in essere. (Il lavoro agile – nella sua valenza di conciliazione famiglia lavoro, qualità della vita, incremento di produttività – è ora in discussione al Senato[viii]).

Le norme sulla conciliazione famiglia lavoro sono per lo più legate a disposizioni legislative quali congedi parentali, contributo per l’acquisto dei servizi per l’infanzia, la diffusione della flessibilità. Su questo ambito  sono previsti appositi incentivi, normativi e contributivi, per le aziende che adottino, anche tramite accordi sindacali, modelli di telelavoro o altre soluzioni innovative per conciliare i tempi di vita e lavoro dei propri dipendenti.

La legge di stabilità 2016[ix] ha previsto incentivazioni a misure di welfare aziendale all’interno degli incrementi di produttività.

Tali incentivazioni sono state attuate con il decreto sui premi di risultato del febbraio 2016 che prevede tra l’altro:

  • in generale, una tassazione agevolata, con imposta sostitutiva del 10%, per i premi di risultato e per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, entro il limite di 2.000 euro lordi (che sale a 2.500 euro per le aziende che «coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro») in favore di lavoratori con redditi da lavoro dipendente fino a 50mila Euro.
  • l’erogazione, anche tramite voucher, di beni, prestazioni e servizi di welfare aziendale[x]. Questi ultimi benefit sono esclusi dal reddito di lavoro dipendente. Pertanto la scelta del lavoratore di convertire i premi di risultato agevolati nei benefit ricompresi nel “welfare aziendale” consente di detassare completamente il loro valore (non più soggetto neppure all’imposta sostitutiva del 10 per cento).

Si tratta di prestazioni, opere e servizi corrisposti al dipendente in natura o in forma di rimborso per spese aventi finalità di rilevanza sociale. Sono compresi le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro ai dipendenti per la fruizione, da parte dei loro familiari, di servizi come l’educazione, l’istruzione, anche in età prescolare, nonché la frequenza di ludoteche, di centri estivi e invernali o il beneficio corrisposto tramite borse di studio. Ulteriori benefit sono quelli erogati dal datore di lavoro per servizi di assistenza destinati a familiari anziani o comunque non autosufficienti.

In base alle informazioni ministeriali[xi] alla data del 14 settembre 2016 sono state compilate 15.078 dichiarazioni, di cui 11.003 si riferiscono a contratti sottoscritti nel 2015.

Dei 15.078 contratti depositati solo 2.626 prevedono misure di welfare aziendale[xii].  Le informazioni non dettagliano oltre. I tempi sono stati ridotti. Non è possibile quindi conoscere allo stato attuale la quantificazione per tipologia di benefit[xiii]. Il monitoraggio su base temporale più ampia saprà fornire ulteriori notizie. Ma il menu dei benefit dovrebbe essere definito in modo più puntuale e selettivo.

5. Il desiderio di natalità non coincide con i dati reali. Le analisi non sono univoche, ma la percentuale della natalità desiderata è superiore a quella che si sta realizzando.  Se l’incremento della natalità è un obiettivo /vincolo occorre intervenire nella sfera in grado di produrre effetti significativi e duraturi nel tempo: la transizione da condizione di giovani verso quella di adulti indipendenti è una di queste sfere e va accompagnata con misure integrate, stabili, programmate. Anche in una fase di crescita economica con percentuali intorno all’unità. Vi è il problema del difficile reperimento di nuove risorse se tutto è aggiuntivo e non contempla riconversione / ottimizzazione di risorse.  La contrattazione di secondo livello può svolgere un ruolo complementare a quello degli interventi pubblici diretti nelle risposte al fabbisogno delle persone occupate, anche giovani. Il sistema di agevolazioni attualmente previsto a sostegno della contrattazione deve essere stabilizzato e reso più selettivo in termini di benefit con ricadute significative nell’ambito del welfare e in specifico sui servizi alla persona, alla conciliazione famiglia lavoro, all’housing e alla circolarità  territoriale di strutture pubbliche o private qualificate e accreditate.

Dalle esperienze di altri paesi, tuttavia, viene l’indicazione che le norme, le misure, le risorse sono  condizioni necessarie ma non sono sufficienti. La multidimensionalità degli interventi presuppone un piano pluriennale che integri, ottimizzandole, competenze e risorse istituzionali ai vari livelli, con interlocuzione con gli attori delle relazioni industriali e con quelli del Terzo settore, per l’erogazione di servizi e per i processi d’inclusione delle fasce a rischio. Anche con l’attivazione di una struttura dedicata.



[i] Per lo specifico sanitario vedi Piano nazionale fertilità del Ministero della Salute e anche

[ii] A riguardo vedi Cucciatti, in Repubblica

[iii] Con delega alle politiche familiari

[iv] Le dichiarazioni del Ministro sono riportate da vari organi d’informazione.  In base alla presentazione del DEF sono elencate le varie misure con lo stanziamento, le somme erogate, i requisiti dei beneficiari. Riteniamo sia opportuno aspettare il testo di legge i cui contenuti sono al vaglio dell’Unione Europea.

[v] I dati relativi al disagio giovanile nel rapporto con il lavoro sono nella percentuale di disoccupazione, nei fenomeni NEET, nelle incertezze dei risultati del programma Garanzia giovani, nei riposizionamenti tra Apprendistato, tirocini, contratti a tutele crescenti, nell’emigrazione di laureati verso paesi esteri. Si aggiunge di recente il dato della prevalenza dei giovani all’interno delle statistiche relative alle povertà.

[vi] I tassi di natalità, in decrescita costante negli ultimi decenni, non sono distanti da altri paesi sviluppati, quali la Germania ed il Giappone;  preoccupante è la proiezione di questi nel tempo. La questione non sembra risolta tramite l’immigrazione, il cui contributo alla natalità comincia a diminuire.  La prospettiva demografica non può essere risolta da supplenti fenomeni immigratori che presentano sostenibilità difficile non solo nel breve periodo e un valutabile mismatching  quantitativo / qualitativo localizzativo rispetto alle stesse esigenze  produttive. L’invecchiamento della popolazione,  non gestita in una logica di invecchiamento attivo post pensionamento,  sta introducendo fenomeni distorsivi:  i pensionati in quanto  destinatari di trasferimenti economici   non hanno effetti rilevanti di incremento dei consumi interni; producono perdite di entrate erariali con i fenomeni di migrazione  verso paesi con costi della vita più bassi (secondo l’INPS si tratta di oltre 400mila pensionati per un ammontare di oltre un miliardo di assegni) anche a fronte di tassazione sul reddito inesistente per effetto di accordi bilaterali.  A riguardo vedi Intrage

[vii] Della necessità di farsi carico della diffusione della contrattazione di secondo livello nelle piccole imprese al fine dell’utilizzo del sistema di incentivi correlato a produttività, partecipazione economica, welfare aziendale vi è stata immediata consapevolezza da parte delle relazioni industriali: sulla materia è stato infatti firmato un accordo CGIL CISL UIL  Confindustria

[viii] Per le previsioni del ddl di legge sul “lavoro agile” vedi Newsletter Nuovi Lavori.

[ix] Per quanto riguarda il welfare aziendale nella legge di Stabilità 216 vedi Newsletter Nuovi Lavori

[xi] Le informazioni sono state raccolte in base ad un modulo, da compilarsi obbligatoriamente all’atto della presentazione della richiesta da parte dell’impresa.

[xii] 11.813 dichiarazioni si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 8.700 di redditività, 6.721 di qualità.

[xiii] L’attuale modulo di rilevazione non riesce a dettagliare le voci. A riguardo potrebbe essere preso come riferimento quanto messo a punto dall’Osservatorio nazionale sulla contrattazione di secondo livello della CISL.

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