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Un provvedimento a rischio inciampi

Con l’approvazione e la pubblicazione in Gazzetta (GU n. 43 del 21-2-2014)del decreto legge «Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria»si è concluso l’iter di un provvedimento che è stato oggetto di un dibattito sovradimensionato rispetto alla effettiva portata, peraltro senza previsioni di risorse aggiuntive.

In sintesi le misure previste.

Come regola generale, la prescrizione da parte del giudice, nell’applicazione degli arresti domiciliari, del c.d. braccialetto elettronico. Tale misura è motivata da un sistema capillare di sorveglianza senza aggravio da parte degli organi di sicurezza. In precedenza, tale previsione doveva essere dichiarata necessaria. Attualmente ne deve essere motivata l’esclusione. I limiti sono nella limitata disponibilità della tecnologia in rapporto ai costi ed alle procedure di affidamento del servizio (i).

Una procedura semplificata nella trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza. Ne vengono in questo modo incrementati i compiti e quindi il carico di lavoro. Molti tribunali hanno già evidenziato i tempi di smaltimento delle domande da parte dei potenziali destinatari delle misure alternative alla carcerazione.

Mentre in precedenza detenzione e cessione illecita di stupefacenti prevedeva come attenuante la lieve entità, con l’attuale provvedimento questa – la lieve entità-  viene trasformata in autonoma fattispecie di reato riducendone la pena (es. il piccolo spaccio). Viene anche abrogato il divieto di disporre per più di due volte l’affidamento terapeutico al servizio sociale. In qualche modo si tiene conto della sentenza della Corte Costituzionale (ii).

Vengono riconosciute più ampie garanzie per i soggetti reclusi nel procedimento di reclamo in via amministrativa e in quello davanti alla magistratura di sorveglianza.

Il limite di pena per l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale viene innalzato da tre a quattro anni. A riguardo, sono ampliati i poteri del magistrato di sorveglianza per la sua applicazione.

Viene portata da 45 a 75 giorni per semestre – per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 – la detrazione di pena già prevista per la liberazione anticipata ordinaria (l’introduzione della liberazione anticipata speciale).

Viene prevista la messa a regime della disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena. In precedenza, ciò era definito solo in attesa della conclusione del piano carceri.

Per i detenuti immigrati viene esteso l’ambito applicativo dell’espulsione come misura alternativa alla detenzione, già prevista dal testo unico immigrazione. In funzione di questo sono introdotte misure di snellimento delle procedure di identificazione.

Presso il Ministero della Giustizia viene istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. In precedenza tale figura era presente a livello regionale e comunale.

I termini di adozione dei regolamenti sugli specifici benefici fiscali e contributivi per le imprese e le cooperative sociali che assumono detenuti vengono prorogati di sei mesi (articolo 8). Si tratta del differimento del termine per l’adozione dei regolamenti interministeriali di attuazione delle misure in favore di imprese e cooperative sociali che assumono detenuti e internati. La proroga, come recita la relazione di accompagnamento al decreto, mira a “scongiurare il rischio che costoro, in ragione del ritardo nell’adozione del regolamento, si vedano privati della possibilità di usufruire di detti benefici”.

Si tratta, quindi, dei regolamenti previsti (iii): – per la determinazione delle modalità ed entità dei crediti d’imposta concessi alle imprese che assumono detenuti (nei limiti stabiliti dal DPCM di ripartizione delle risorse previste dalla legge di stabilità 2013); – dall’art.  4, comma 3-bis, della legge 381/1991, per la determinazione della riduzione delle aliquote contributive e assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori corrisposte alle persone detenute o internate negli istituti penitenziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno.

In conclusione. Rispetto al sovraffollamento il provvedimento fornisce un contributo di lieve entità a breve periodo (iv). Si tenga conto che scade a fine maggio il termine indicato all’Italia per far rientrare il numero dei detenuti in condizioni ordinarie. Dopo questa data, scatta quanto previsto dalla sentenza della Corte Europea (v). Anche questo ripropone nel dibattito il ricorso all’indulto e all’amnistia, soluzioni rilanciate come praticabili dal Presidente della Repubblica nel suo recente messaggio al Parlamento.

Il provvedimento è apprezzabile per le soluzioni, pur caute, che prospetta in termini di depenalizzazione dei reati e ricorso a misure alternative alla carcerazione, anche se a riguardo non si preoccupa della costruzione delle condizioni congeniali perché possano attuarsi. Va incontro comunque a seri inciampi sui problemi di amministrazione delle misure stesse: la possibilità ridotta dei tribunali di sorveglianza ad accogliere e smaltire le domande, la limitata presenza degli operatori dei servizi sociali, la costruzione di reti territoriali per le azioni di inclusione.

 

Allegati

 

Note

i Si veda a riguardo la descrizione della vicenda –riportata nelle schede tecniche della Camera- dell’affidamento della commessa

ii Si tenga presente la sentenza di illegittimità di febbraio scorso della Corte Costituzionale in merito ai dispositivi della legge Fini Giovanardi nella mancata distinzione tra droghe leggere e pesanti e le conseguenze penali cdi ciò che hanno dato un notevole contributo all’affollamento carcerario. Secondo i dati allegati alla Scheda della Camera detenuti per reati droga correlati a giugno 2013 sono 26.042 di cui 10.633 stranieri.

iii In realtà si intende prorogare di ulteriori sei mesi  i termini previsti da un precedente provvedimento il decreto-legge 78/2013 (art. 3-bis) che è intervenuto sulla legge 193/2000 (cd. leggeSmuraglia) e sulla legge 381/1991 relativo alle cooperative sociali. 

In particolare era prevista la concessione alle imprese:

  • un credito d’imposta mensile nella misura massima di 700 euro a lavoratore, se assumono – per almeno 30 giorni – detenuti ammessi al lavoro esterno ovvero svolgono nei loro confronti «effettivamente attività formative» (comma 1);
  • un credito d’imposta mensile nella misura massima di 350 euro a lavoratore, se assumono – per almeno 30 giorni – detenuti semiliberi ovvero svolgono nei loro confronti «effettivamente attività formative» (comma 2).

I crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione e sono riconosciuti (in coordinamento con la previsione della legge n. 381/1991) anche successivamente all’uscita dal carcere, per 18 o 24 mesi, a seconda che il lavoratore abbia o meno avuto accesso alle misure alternative alla detenzione.

L’articolo 4 della legge 193 ha previsto che le modalità ed entità delle agevolazioni e degli sgravi di cui all’articolo 3 fossero determinate da un decreto del Ministro della Giustizia – da emanare entro il 31 maggio di ogni anno – di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, con il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica e con il Ministro delle finanze. L’entità dei benefici è comunque determinata nei limiti delle risorse finanziarie  (dal 2014, 14,5 mln di euro all’anno).

L’ulteriore intervento del DL 78 ha riguardato l’art. 4, comma 3-bis, della legge n. 381 del 1991 relativo a sgravi contributivi per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tra cui i detenuti) impiegate in cooperative sociali.

Il DL 78/2013 ha ampliato la durata del periodo successivo allo stato di detenzione nel quale sono concessi gli sgravi contributivi. In particolare, si è stabilito che gli sgravi (previsti inizialmente per 6 mesi) permangono:

  • per 18 mesi dalla scarcerazione, per coloro che hanno beneficiato di misure alternative o del lavoro esterno;
  • per 24 mesi dalla scarcerazione per tutti coloro che non hanno beneficiato di tali istituti.

iv In aggiornamento dei dati riportati nella scheda tecnica della Camera, ricaviamo da un’agenzia ANSA del 7 marzo 2014  “Oggi i detenuti sono 60.828, contro i 64.000 di inizio dicembre. Lo scostamento dalla capienza – quella regolamentare è di 47.857 posti – resta alto: circa 13mila unità. E infatti in serata il ministero ha fatto sapere che le preoccupazioni espresse dal Consiglio d’Europa si basano su dati precedenti agli ultimi interventi normativi e che in un prossimo rapporto a Strasburgo saranno fornite le rilevazioni aggiornate.

Inoltre il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria prevede per maggio di scendere a 59mila detenuti e di salire a 50mila posti di capienza grazie all’apertura di nuovi padiglioni (sono in arrivo 300 posti a Catanzaro, 200 a Ariano Irpino, 200 a Frosinone, per citare alcuni casi)”.

v La Camera dei deputati ha affrontato ulteriori questioni connesse al tema delle carceri, avviando l’esame in Assemblea di una proposta di legge sulleMisure cautelari personali e approvando una proposta di legge su Pene detentive non carcerarie, depenalizzazione, messa alla prova e irreperibili, che, modificata dal Senato, è attualmente all’esame della Camera.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, da ultimo con la sentenza Torreggiani dell’8 gennaio 2013, ha constatato che il sovraffollamento carcerario in Italia ha carattere strutturale e sistemico e ha stabilito che lo Stato italiano dovrà, entro un anno, istituire un ricorso o un insieme di ricorsi interni effettivi ed idonei ad offrire una riparazione del danno adeguata e sufficiente in caso di sovraffollamento carcerario. La Corte ha inoltre rilevato che il reclamo rivolto al magistrato di sorveglianza in virtù dell’ordinamento penitenziario, non è effettivo nella pratica, dato che generalmente non permette di porre fine rapidamente alle inaccettabili condizioni di detenzione. L’Italia deve quindi adeguarsi entro il 28 maggio 2014.

Con la “sentenza Torreggiani” la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia a pagare 100.000 euro di risarcimento a 7 detenuti che avevano fatto ricorso perché costretti a dormire in troppi in celle minuscole, nelle quali dovevano passare quasi 20 ore su 24 per mancanza di attività sociali nel carcere. Centomila euro diviso sette detenuti fanno 14.285 euro che lo Stato italiano deve sborsare per ogni carcerato. Secondo i dati dell’Amministrazione Penitenziaria moltiplicando la cifra del risarcimento per i circa 20mila detenuti in eccesso, si ottiene una somma che di circa 300 milioni di euro. Se invece lo Stato dovesse risarcire l’intera popolazione carceraria, dovrebbe sborsare quasi un miliardo di euro.

Anche la Corte costituzionale ha di recente invitato il legislatore a porre rimedio in tempi brevi al sovraffollamento penitenziario (sent. 279/2013).

Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha stabilito che “le misure prese finora dall’Italia contro il sovraffollamento delle carceri sono insufficienti”.Secondo i rappresentanti i provvedimenti presi o messi in cantiere dall’Italia per rimediare al trattamento disumano e degradante dei detenuti, accertati con la sentenza Torreggiani, non sono abbastanza. Il Comitato ha anche espresso “preoccupazione” in vista della scadenza fissata per maggio prossimo, data entro cui l’Italia dovrà mettersi in linea con le indicazioni del Consiglio per ridare dignità ai detenuti e evitare la pesante sanzione. “Il rimedio preso in considerazione sinora per risolvere il sovraffollamento nelle carceri è unicamente compensatorio e utilizzabile solo in casi limitati” ha fatto sapere il Comitato che invita le autorità italiane a pensare ad altre misure anche preventive e a presentare un piano dettagliato che contenga non solo i tempi della messa in atto degli interventi ma anche i dati necessari per comprendere se le misure adottate sono efficaci. Se le misure prese dal governo non dovessero essere ritenute sufficienti, a maggio l’Italia dovrà pagare una maxi multa ai quasi 67mila detenuti, per violazione dei diritti umani.

La questione carceraria è stata affrontata anche nel messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica. La Commissione Giustizia della Camera ha poi approvato una Relazione per l’Assemblea sulle tematiche contenute nel messaggio e che sono state oggetto di recente dibattito parlamentare. 

 

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